Voto Visitatori: | 7,01 / 10 (78 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,50 / 10 | ||
Martin Scorsese continua a raccontarci New York, una delle metropoli più intriganti del mondo, in modo sempre efficace e mai scontato. La Grande Mela di questo film è notturna, riportando immediatamente la memoria dello spettatore alle vicende del giovane paranoico tassista di nome Travis, protagonista di "Taxi Driver", personaggio perseguitato dalla solitudine. Ne "Al di là della vita" ritorna prepotentemente il tema della solitudine, così come quello della paranoia e della difficoltà ad avere contatti umani sinceri.
Lo scenario notturno di questa New York rispecchia l'umanità grigia, abbandonata e stanca che la popola; tale desolazione è in aperto contrasto con le luminose, improvvise e veloci sirene che attraversano parte della città per soccorrere un dolore, non sempre recuperabile.
E' questo il problema di Frank: vedere e ri-vedere le medesime strade sulle quali tanti dolori si sono posati per sempre.
Frank Pierce, il protagonista bene interpretato da Nicolas Cage, è un paramedico, colui che dà il primo soccorso ma non sempre riesce a farlo al meglio, perché i fantasmi lo ossessionano in maniera crescente e l'alcol pare l'unico palliativo.
Il personaggio di Frank è circondato da altri paramedici che in apparenza affrontano il proprio lavoro in modo più equilibrato e soprattutto più distaccato, ed è proprio quest'ultima caratteristica che li tutela. Frank invece è condannato all'insonnia, all'alcolismo ed alla depressione, perché ogni possibilità di salvezza sembra essere svanita, ogni tentativo di compiere al meglio il proprio lavoro appare vano, ogni chiamata sulla radio dell'ambulanza è una fitta al cuore e la solitudine colpisce proprio quando si sta già toccando il fondo.
La scenografia creata dal genio di Dante Ferretti riesce a fare percepire allo spettatore la dimensione claustrofobica di un'ambulanza e soprattutto del ripetitivo percorso da essa compiuto, sottolineando poi l'abbandono di alcune strade newyorkesi abitate principalmente da inetti, rifiuti e sporcizia.
Tra un'amarezza ed un tentativo di licenziamento Frank Pierce incontra e sfiora Mary Burke (una sbalorditiva Patricia Arquette), una ragazza fragile, proveniente dal New England che ricerca un surrogato di sicurezza in una dose, che tenta di trovare in quell'istante d'intimità col proprio sangue un'onestà ormai persa per sempre. Frank cerca rifugio nel suo sguardo, cerca tregua tra i suoi vizi e cerca quel sincero contatto nel suo abbraccio.
Spesso è stato sottolineato come, non si sa se per caso o volutamente, la posizione dei personaggi nella scena finale ricordi "La Pietà" di Michelangelo, citazione perfetta a sottolineare la precarietà dell'essere umano.
Film particolare ed intenso, spesso erroneamente giudicato uno dei "minori" del maestro Scorsese: magari i film "minori" fossero di tale caratura; allo stesso tempo però non si può parlare di capolavoro assoluto a causa dell'uso eccessivo e quindi stonante degli effetti speciali, e della non ben approfondita dimensione onirica a cui si è rimandati sin dalle prime scene.
Da sottolineare la qualità della fotografia di Robert Richardson, la bravura di co-protagonisti del calibro di John Goodman, Tom Sizemore e Ving Rhames.
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Recensione a cura di foxycleo - aggiornata al 23/04/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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