Recensione cape fear - il promontorio della paura regia di Martin Scorsese USA 1991
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Recensione cape fear - il promontorio della paura (1991)

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locandina del film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA

Immagine tratta dal film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA

Immagine tratta dal film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA

Immagine tratta dal film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA

Immagine tratta dal film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA

Immagine tratta dal film CAPE FEAR - IL PROMONTORIO DELLA PAURA
 

Nel momento in cui si accingeva al progetto di "Cape Fear", Martin Scorsese attraversava un momento piuttosto altalenante riguardo al successo commerciale delle sue pellicole. Una mare sconfinato di polemiche avevano accompagnato le proiezioni de "L'ultima tentazione di Cristo", mentre il film successivo, "Goodfellas", aveva messo d'accordo tutti, pubblico e critica. Forte quindi del successo di quest'ultima pellicola, il progetto del remake di "Cape fear" si presenta come un'occasione eccellente per continuare a consolidare la riuscita commerciale delle sue pellicole, senza tuttavia svilire le sue tematiche nei confronti dell'industria hollywoodiana.

Per la preparazione al film nulla viene di certo lasciato al caso: i soldi della Amblin di Steven Spielberg in aggiunta a quelli della da poco nata Tribeca di Robert De Niro garantiscono a Scorsese la possibilità di poter comporre un cast tecnico di eccellente valore, a cominciare dalla fotografia di Freddie Francis, fino ad arrivare ad Elmer Bernstein a cui si deve l'ottimo adattamento della musica originale di Bernard Herrman e senza dubbio uno dei punti di forza di questo film.

Naturalmente oltre al cast tecnico viene garantito anche la presenza di un cast artistico all'altezza, in primo luogo da Robert De Niro, che ha fortemente voluto questo film e dalla partecipazione di attori di prima grandezza quali Nick Nolte e Jessica Lange in aggiunta ad una semi esordiente come Juliette Lewis, che si dimostrerà validissima allo scopo.

Generalmente il remake cinematografico è utilizzato per diverse ragioni ed esigenze quasi sempre riconducibili ad una natura commerciale. Sfruttare quindi materiale passato per attualizzarsi a diversi contesti territoriali (un esempio può essere "Let me in"), attualizzare le medesime situazioni in diversi contesti temporali (è il caso di tutto il filone horror fine anni 60 – inizio anni 80), con risultati alterni dal punto di vista qualitativo, ma generalmente inferiori alla pellicola originale.

Come altalenanti sono i risultati, quando un autore o riconosciuto come tale dirige un remake. Si possono citare due casi più o meno recenti: "Psyco" di Gus Van Sant e "Funny Games" di Michael Haneke. In entrambi i casi si tratta di due film fotocopia delle pellicole originali, tranne che per alcuni particolari, ma con ogni probabilità diverse sono le motivazioni di questi due autori. Lo "Psyco" di Van Sant è pressochè identico alla pellicola di Hitchcock, salvo che è stato girato a colori anziché mantenere il bianco e nero. Ciò che emerge nel remake di "Psyco" rispetto all'originale del regista inglese sono le pulsioni sessuali di personaggi e situazioni, solo alluse in Hitchcock e qui rese piuttosto esplicite. Girare un film all'interno dei meccanismi hollywoodiani, ma con finalità antihollywoodiane nella sua provocazione.

Per Haneke la questione è differente: ha realizzato il remake di un proprio film, riproducendo alla perfezione tutte le ambientazioni e situazioni, utilizzando ovviamente attori in lingua inglese. La finalità di questa operazione è puramente commerciale, cioé quella di farsi conoscere, attraverso uno dei suoi film più famosi, al pubblico oltreoceano poggiando su un sistema distributivo diretto alle multiplex.
A differenza dei casi sopracitati, Scorsese ha usato una via molto diversa, non fermandosi ad una semplice attualizzazione temporale di luoghi e personaggi, non rifacendo pedissequamente lo stesso film, ma operando un completo rimescolamento sulle caratteristiche dei personaggi, modificando profondamente le loro motivazioni e introducendo nuove tematiche mai affrontate nella pellicola originale. Si mantiene solamente la struttura narrativa di base, cambiando quasi tutto il resto.

Il thriller di Jack Lee Thompson aveva una struttura molto semplice basata sullo scontro tra un ex galeotto, intepretato da Robert Mitchum, e il procuratore che lo aveva sbattuto dentro, impersonato da Gregory Peck. Una situazione chiara fin dall'inizio, priva di ogni chiaroscuro nei personaggi, situazione in cui si stabiliva nettamente dove era il bene e dove fosse il male. Da una parte abbiamo Max Cady, l'ex galeotto, deciso a farla pagare per gli anni di galera trascorsi per colpa della testimonianza di Bowden, che inizia un gioco di provocazione contro il suo avversario e la sua famiglia. Il Bowden di Gregory Peck è un individuo irreprensibile, onesto e portatore di valori positivi che ha trasmesso alla sua famiglia. Il suo problema è quello di non cadere nelle maglie di provocazioni operate da Max Cady, che può essere riassunto sommariamente in un "non scendere allo stesso livello di un delinquente" che sta approfittando delle maglie legislative per attuare questo suo gioco pericoloso. Bowden non cadrà nella trappola di Cady, anche se ci andrà molto vicino, salvando se stesso e la sua famiglia e riconsegnando Max Cady alle patrie galere.
"When the only thing to fear on those enchanting summer night was real life would come crashing in"

Fin dagli stupendi titoli di testa di Saul ed Elaine Bass," Cape Fear" si annuncia come un qualcosa di completamente diverso dal suo predecessore. Visioni distorte come provenienti da un incubo, gli stessi titoli "spezzati" come in un fermo immagine di quelli altrettanto simili allo "Psycho" di Alfred Hitchcock, fino ad arrivare agli occhi in negativo di Danielle Bowden e le sue reminescenze. Il "Cape Fear" di Scorsese è una versione in negativo del film di Thompson. La famiglia Bowden non è quello specchio di virtù monolitico della pellicola originale. Fin dall'inizio, sotto le ceneri di una apparente tranquillità di facciata, covano delle conflittualità fra i componenti della famiglia, che la imminente presenza di Max Cady farà emergere in tutta la sua virulenza, spazzandone il velo di ipocrisia.

"Imparerai cosa significa perdere", una frase sibillina udita da Sam Bowden dopo il congedo del primo incontro avuto con Max Cady. Frase detta a mezza voce, ma che è rimasta bene impressa nella mente di Sam, tanto da non sottovalutarla fin dall'inizio. Sam è pienamente conscio della pericolosità di Cady anche per un altro importante motivo: fra i due chi ha da perdere sicuramente è lui e soprattutto Sam è pienamente consapevole del motivo per cui Cady si trova in paese, pienamente consapevole della propria colpa nei confronti dell'ex galeotto.

Dopotutto su Sam si può affermare, senza tema di smentita, che si tratta di uomo arrivato, benchè sia inserito in una realtà medio piccola di provincia. Avvocato di grido presso il proprio studio dove lavora, ottimi rapporti con il proprio principale, una bella moglie, una bella figlia, una villa con parco invidiabile. Ma non è certamente l'uomo integerrimo come il Gregory peck della pellicola del 1962.

Di scheletri nell'armadio ne ha più di uno, ad iniziare dal peccato originale di non aver difeso Cady fino in fondo. Pur avendogli fatto derubricare il reato di stupro, che lo avrebbe condannato all'ergastolo, ha occultato un rapporto sulla promiscuità sessuale della sua vittima, facendogli scontare una condanna a quattordici anni di prigione che sarebbe stata più lieve se tale rapporto fosse venuto alla luce in aula di tribunale. Nei confronti di Cady, Sam si è autoeletto giudice di un uomo che doveva difendere, contro tutte le norme deontologiche che gli impone la sua professione d'avvocato. Lo ha giudicato colpevole prima ancora che il giudice vero emettesse la condanna ("Tu eri il mio avvocato! Mi dovevi difendere"). Un giudizio morale verso il proprio assistito, inaccettabile dal punto di vista dell'etica professionale che gli impone.

La situazione matrimoniale poi non è delle migliori. Sam tradisce spesso la moglie facendosi ipocritamente scudo dei problemi psicologici della consorte, giustificando così i motivi del suo tradimento. I rapporti con Leigh sono pessimi, litigano in continuazione e nelle situazioni apparentemente più calme vige una tregua armata condita da battute al vetriolo reciproche. Emblematico a questo titolo una delle scene iniziali in cui Sam e Leigh sono a letto a fare l'amore. I corpi si abbracciano, le mani si abbracciano con il dettaglio delle fedi nuziali che si toccano, ma l'immagine vira al negativo, segno di una coppia senza più affiatamento. La complicità iniziale nata da una spallina galeotta di Leigh lascia posto alla freddezza del rapporto, soprattutto da parte della moglie. L'immagine torna al positivo, Leigh si alza dal letto e si siede davanti allo specchio truccandosi di nuovo, ripassando il rossetto sulle labbra con dissolvenze che virano sul rosso.

Leigh è ancora una donna molto attraente ma palesemente insoddisfatta del ruolo di moglie e madre di famiglia. E' evidente la non accettazione di tale ruolo e la sua voglia nemmeno tanto nascosta di trasgredire a questa regola. Mentre Sam disquisisce sul ruolo della droga nella società civilizzata e la giustezza della sua proibizione, Leigh continua elencando in aggiunta anche l'incesto, la necrofilia e la zoofilia con un tono di voce che non nascondeva un leggero stato di eccitazione nel pronunciarli.

E' una donna insoddisfatta, con un marito che nel tempo detesta sempre più e conscia delle sue avventure extraconiugali. Un lavoro di grafica pubblicitaria che svolge in maniera svogliata e un rapporto conflittuale con la figlia al pari di Sam.

Una figlia, Danielle, che sta crescendo e che mostra i primi naturali segni di ribellione all'autorità familiare. Beccata in flagrante mentre fumava uno spinello di marijuna, deve frequentare corsi scolastici obbligatori estivi per non essere bocciata. I genitori pur rimproverandola dell'accaduto, fra di loro non nascondono il fatto che anche ai loro tempi (anni '70) facessero uso di droghe leggere prima che "il grande freddo" li colpisse, quindi il loro atteggiamento nei confronti di Danielle risulta di fondo piuttosto ipocrita.

"Prova a leggere la Bibbia, fra il Libro di Ester e il Libro dei Salmi"

Perdere la fiducia nella Legge

Fra il Libro di Ester e il Libro dei Salmi c'é il Libro di Giobbe, dove Dio mette alla prova la sua fede in Lui, facendogli perdere tutto ciò che ha. Cady agisce nella stessa maniera nei confronti di Sam. Conosce alla perfezione i punti deboli della famiglia Bowden e se ne serve per scardinare dall'esterno e dall'interno tutte le loro false sicurezze, facendo emergere tutte le loro problematiche. L'apparente tranquillità di una famiglia agiata, in cui dissapori e incomprensioni erano perlopiù confinati all'interno delle mura domestiche, cominciano ad emergere anche all'esterno. Cady è qualcosa che va oltre il ruolo dell'ex galeotto molesto Mitchum. E' una nemesi divina che fa emergere la parte oscura della famiglia Bowden ed è sempre un passo avanti agli interlocutori che ha di fronte. Il modo in cui adesca Lori (la collaboratrice e allo stesso tempo amante di Sam), la stupra e picchia selvaggiamente, è sintomatico non solo per la furia selvaggia, ma per il fatto che la passerà franca, perchè è cosciente fin dall'inizio che non verrà denunciato dalla sua vittima. Non solo quindi una capacità fisica fuori dal normale, anche per il modo con cui si sbarazzerà di un gruppo di aggressori, ma anche una capacità mentale di leggere dentro le persone che va oltre l'umano. Di fronte a Cady, tutti i personaggi con cui interagisce sono come dei libri aperti.

Cady si serve della Legge per mettere sotto scacco Sam, quella stessa Legge che Sam dichiara di servire, ma che non solo non può nulla per fermare Cady, ma addirittura può ritorceglisi contro rimanendo impotente di fronte agli eventi. La polizia, rappresentata da un ottimo cameo di Robert Mitchum, non può fare nulla senza la presenza di un reato commesso.

Sam quindi perde fiducia nella Legge ed ingaggia un investigatore privato, ex poliziotto, dai metodi spicci che possono sconfinare nell'illecito, intepretato da Joe Don Baker. E' una variante molto importante rispetto alla pellicola originale di Thompson. Il Sam Bowden di Gregory Peck aveva sempre come interlocutore il poliziotto interpretato da Martin Balsam, rimanendo quindi nei confini della Legge.
La variante introdotta da Scorsese vede un Sam rivolgersi ad un investigatore privato che gli consiglierà gradualmente azioni sempre più illegali e criminali (l'aggressione a Cady). Il Sam di Nick Nolte di fatto agirà al di fuori della Legge per liberarsi del suo persecutore che si serve della Legge per punirlo. Un contrappasso perfetto. Sam ha tradito la Legge una seconda volta.

Perdere il ruolo di marito

Tradimenti, sutterfugi e litigate continue sono gli anni del matrimonio fra Sam e sua moglie, ma,malgrado la presenza di un nemico come Max Cady da affrontare insieme, le divisioni si accentuano invece di diradarsi. Leigh si sente attratta in qualche modo da Cady, il quale tocca subito i tasti giusti per evidenziare la fragilità del suo rapporto matrimoniale.

"Ci ha traditi entrambi", "Potevano essere felici, Leigh" sono parole che riecheggeranno nella sua mente fino al confronto finale sul battello a Cape Fear. Nella confessione che Leigh rende a Cady c'è tutta l'amarezza di anni volati via e sprecati. Si sente accomunata a Cady, perchè come lui è stato tradito da Sam facendogli scontare una sorta di prigione matrimoniale dal quale non ha avuto la forza di uscire, ma al contrario di Cady non ha avuto nemmeno il coraggio di fargliela pagare per quello che aveva fatto, rinchiudendosi sempre più in se stessa. Concedendosi a Cady, non è soltanto una semplice ripicca verso i tradimenti di Sam o per distogliere le attenzioni di Cady verso Danielle. La sua voce esprime sincerità, ha la possibilità di liberarsi di Sam una volta per tutte tramite la punizione che Max Cady ha in serbo per lui: è la sua chiave per uscire dalla prigione.

Perdere il ruolo di padre

E' con Danielle che Cady compie il suo capolavoro in una delle scene più belle del film, dalla fortissima tensione drammatica, in cui Juliette Lewis non ha certo timori reverenziali nei confronti di un attore leggenda quale Robert De Niro. Fingendosi il suo nuovo insegnante di recitazione, Cady si trova faccia a faccia con Danielle, apparentemente uno stratagemma per aggredire la ragazza e in un certo senso la tensione della scena si fonda anche su questo. Ma Scorsese sceglie una strada migliore e per certi versi più devastante nei confronti della famiglia Bowden e di Sam in particolare: Cady conquista la fiducia di Danielle, la quale diventa una sorta di Quinta colonna all'interno del nucleo familiare.

Danielle è una ragazza che sta crescendo, ha quasi sedici anni ed è un età di cambiamenti fisici e mentali, del quale entrambe i genitori sembrano non accorgesene. Per loro è sempre una bambina. Cady agisce seguendo esattamente lo schema opposto, dapprima offrendo uno spinello d'erba, disquisendo su Henry Miller e la parte più piccante della sua letteratura, ma soprattutto parlando a Danielle come si parlerebbe ad una donna e non ad una bambina. Questo, Danielle lo nota e ne è lusingata, tanto da non opporsi, ma anzi assecondando il bacio di Cady. Non un semplice bacettino in guancia o in fronte, ma un bacio vero come tra un uomo e una donna.

Il turbamento in Danielle è enorme. Da questo momento fino alla resa dei conti si pone in un'ottica difensiva nei confronti di Cady davanti ai propri genitori e soprattutto nei confronti di suo padre. Cady è l'unica persona ad averla capita fino in fondo e diventando quindi un punto di riferimento molto importante, più importante dello stesso Sam con il quale si acuiranno i conflitti.

Se il Sam Bowden/Gregory Peck aveva come colpa solo quella di aver fatto il suo dovere nei confronti di Cady/Mitchum, la colpa di Sam/Nolte è precisa e motivata, le cui conseguenze si abbatteranno su lui e la sua famiglia nel confronto finale sul battello a Cape Fear.

Stavolta è Sam sulla sbarra degli imputati e verrà giudicato da Max Cady secondo la legge degli uomini e condannato secondo la legge di Dio, una miscela tatuata sul suo stesso corpo che ne fanno un Angelo Sterminatore in piena regola per tutta la famiglia Bowden, oltre a descrivere il suo percorso interiore nei quattordici anni trascorsi in carcere. Una famiglia senza traccia della minima purezza, ma da cui viene fuori tutto il marcio possibile.
Scorsese quindi ribalta tutto nel suo "Cape Fear", mettendo da parte la convenzionalità della pellicola originale ed attribuendo a Cady un ruolo di vittima e carnefice allo stesso tempo. Rimanendo nel convenzionale, è il cosiddetto "cattivo" del film, soprattutto nei modi aberranti in cui cerca la sua vendetta nei confronti di Sam, ma lo motivazioni che lo spingono sono giuste. E' vittima di un avvocato arrogante e ambizioso che è rimasto moralmente schifato dalle azioni di un montanaro rozzo e analfabeta, venendo meno però a quei doveri fondamentali che sono alla base della sua professione e di riflesso venendo meno a quelli che sono i suoi doveri coniugali e di padre.

Sam quindi merita in pieno la condanna al nono cerchio dell'inferno: il girone dei traditori.

Lo stesso finale di "Cape Fear", pur rispettando le regole del genere, una volta avuto lo spettro dei personaggi coinvolti non è assolutamente catartico. Max Cady viene risucchiato nei vortici del fiume in pieno delirio mistico, Sam rimane con le mani insanguinate ma l'acqua del fiume non assume una funzione purificatrice, lava solo il sangue delle mani ma non monda le sue colpe.

Ciò che Sam e la sua famiglia hanno riconquistato è quell'alone di rispettabilità ipocrita, cui erano abituati prima dell'arrivo di Max Cady e le parole finali di Danielle non fanno altro che ribadire il loro cinismo, il desiderio di condannare all'oblio colui che li aveva costretti a guardare dentro la loro coscienza.

"Cape fear" è un'opera affascinante proprio nella sua particolarità di essere una visione distorta della pellicola del 1962. Allo stesso tempo però offre una visione chiara e diretta della storia e dei personaggi che la compongono, come per le allusioni, altrettanto palesi.

Scorsese mette al servizio del film tutto il suo talento visivo, gli attori da Nolte a De Niro, da Jessica Lange a Juliette Lewis, danno corpo e vita a personaggi sfaccettati. Non solo quindi una eccellente confezione, ma un film che sa scavare in profondità di quella che è all'apparenza una tranquilla e irreprensibile famiglia americana.

Notevoli meriti sono anche nel montaggio di Thelma Scoonmaker, che firma una delle migliori collaborazioni con il regista italo americano. Infonde alla pellicola un ritmo sostenutissimo, che non lascia respiro dall'inizio alla fine, sempre in crescendo.

Uno dei pezzi migliori è certamente la rielaborazione della colonna sonora di Bernard Hermann da parte di Elmer Bernstein. Il leit-motiv così ossessivo da rasentare la ridondanza, accentua quella caratteristica di castigo divino imminente rappresentato da Max Cady. Se si ascoltano fino in fondo i titoli di coda, in mezzo al rumore della pioggia si può udire chiaramente il motivo principale di Hermann. Forse il corpo di Max Cady giace sul fondo delle acque di Cape Fear, ma il suo fantasma può riemergere da un momento all'altro a scuotere ancora una volta le coscienze della famiglia Bowden.

"... se si resta attaccati al passato si muore un poco ogni giorno e per quello che mi riguarda preferisco vivere. Fine."

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 10/05/2011 16.04.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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