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Voto Recensore: | 6,50 / 10 | ||
Distribuito da noi con quasi un anno di ritardo, "Frontiers" è l'ennesimo, brutale horror francese che pretende di competere con i colossi americani del genere. A livello artistico, non si tratta di una competizione troppo difficile; ci vuole poco, infatti, a sbaragliare la produzione statunitense dell'orrore degli ultimi anni, e non è un caso se i film europei di genere si stanno guadagnando una fetta considerevole di appassionati.
Il caso di "Frontiers" è però particolare: l'opera di Xavier Gens infatti si pone, a livello produttivo, sullo stesso piano degli americani, sfidandoli direttamente; non ci troviamo di fronte al solito film girato con un budget ridicolo, una troupe di amici e una certa approssimazione estetica dovuta alla mancanza di investimenti. Quello che stupisce, guardando Frontiers, è proprio la sua natura di prodotto patinato, che ostenta una ricchezza di mezzi davvero insolita per un film di genere europeo.
È un dato importante da sottolineare: significa che finalmente nel vecchio continente qualcosa si sta muovendo, e comincia a esistere una realtà produttiva che ha il desiderio di investire su un genere da troppi anni bistrattato. Forse c'è qualche speranza anche per l'Italia.
Purtroppo, le notizie positive finiscono qui. "Frontiers" non è simile ai torture movie americani dell'ultimo quinquennio soltanto da un punto di vista produttivo, ma li scimmiotta in tutto e per tutto, risultando, alla fine della visione, l'ennesimo clone che puzza di vecchio e già visto.
Ed è un peccato, perché si respira professionalità a ogni inquadratura. La recitazione è ottima, gli effetti speciali dal vero estremamente realistici (quelli in computer grafica un po' meno) e lo stesso Gens (nonostante il pessimo "The Hitman", che però è posteriore di qualche mese a "Frontiers") dimostra di avere un certo talento nel creare atmosfere inquietanti e macabre, ed alcuni personaggi (la donna-bambina pazza e il vecchio gerarca nazista capo famiglia) sono tratteggiati con cura e rimangono abbastanza impressi.
I difetti principali di "Frontiers" (come in quasi tutti i film non del tutto riusciti) risiedono nella sceneggiatura. Non si tratta di un film scritto male, anzi; non ci sono voragini logiche evidenti o momenti involontariamente ridicoli. Si tratta di una totale mancanza di un qualsiasi spunto originale, che non derivi da opere già realizzate (meglio) da altri.
Ci troviamo di fronte alla solita famiglia di pazzi cannibali, che in questo caso sono pure nazisti; al solito gruppo di giovani pronti a essere macellati; alla solita componente del gruppo, appena un po' più sveglia degli altri, che alla fine si salva, coadiuvata dal solito ribelle della famigliola nazicannibale di cui sopra.
Insomma, prima o poi qualcuno dovrà pur capire che "Non aprite quella Porta" e "Le colline hanno gli occhi" sono già stati girati, e più di trent'anni fa.
Essere originali ad ogni costo a volte è più dannoso che riproporre schemi consolidati, ma in questo caso non c'è neanche un briciolo di rielaborazione personale; l'unica cosa che sembrano aver fatto gli sceneggiatori è stata mettere nomi francesi a luoghi e a personaggi. E non basta il tentativo, alquanto goffo, di nobilitare il tutto con un sottotesto politico che meno metaforico e più gridato non si poteva, quasi ci si vergognasse di scrivere un “semplice horror” e si volesse andare oltre. Soprattutto se poi l'unico espediente escogitato da Gens e compagni per supplire alle carenze in fatto di personalità, è quello di procedere per somma di frattaglie, budella e schifezze assortite, calcando a ogni costo la mano sullo shock visivo fine a se stesso, tanto che, dopo la prima mezz'ora di poveracci immersi nel liquame di maiale e poi squartati, l'assuefazione viene naturale e ci si annoia anche un po'.
Non che ci sia qualcosa da obiettare di fronte a una tale esposizione di violenza, che fa impallidire quasi tutti gli horror americani dell'ultimo decennio, riducendoli alla stregua di inoffensivi cartoni animati per bambini; tuttavia, quando i momenti migliori di un film dell'orrore sono quelli in cui non si versa una sola goccia di sangue, a fronte di fiumi e fiumi sprecati per tre quarti di pellicola, si comincia a sospettare che il regista abbia sbagliato qualcosa.
Infatti ci sono un paio di scene, in "Frontiers", che da sole valgono la visione del film: quella del taglio di capelli e la prima apparizione del capo famiglia. Entrambe riescono a spaventare, emozionare e a creare la necessaria empatia per farci seguire le vicende dei personaggi fino alla fine, senza fare un tifo troppo sfegatato per i cannibali nazisti, ed entrambe dimostrano che Gens è in grado di costruire atmosfere sottilmente inquietanti.
Il resto del film, tuttavia, lascia lo spettatore interdetto, come se qualcuno lo avesse improvvisamente afferrato per le spalle e avesse preso a gridargli in faccia una serie di frasi incomprensibili. Lo stile iper-veloce di Gens non aiuta e spesso, soprattutto nelle sequenze più movimentate, è difficile capire quello che sta accadendo sullo schermo, a causa di un montaggio eccessivamente frammentato, che fa pensare più a un videoclip che a un film per le sale cinematografiche.
L'uso insistito della macchina a mano (ed in perenne movimento) anche per delle semplici scene di dialogo, forse è dovuto alla volontà di mantenere sempre elevata la tensione, ma rischia di scatenare una reazione opposta: lo sbadiglio prolungato, accompagnato da un lieve mal di mare.
"Frontiers" è una specie di grande contenitore di tutte le mode, i pregi e i difetti del cinema dell'orrore degli ultimi quindici anni: è in parte un remake, pullula di citazioni al limite del plagio (particolarmente evidenti quelle da "The Descent" e da "Alta tensione"), cerca di supplire alle mancanze in sede di scrittura con l'uso insistito della violenza estremizzata ma mai realmente disturbante e porta alla ribalta, anche nell'horror europeo, che fino a questo momento sembrava esserne esente, quel modo di girare rapido ed estenuante che ha fatto la fortuna della saga di "Saw".
Si allinea, insomma, ai prodotti americani che sbancano ai botteghini di tutto il mondo, diventandone un epigono appena più riuscito, brillante e molto più brutale.
Quello che salva Frontiers dal naufragio è la sua stessa natura di film commerciale, non di nicchia, pensato e costruito apposta per un'ampia fetta di pubblico. Va premiata, infatti, la volontà di produrre un horror in Europa con mezzi non troppo risicati, insieme al tentativo di farsi strada su un terreno che è sempre stato dominio incontrastato dei film americani. E nonostante i difetti macroscopici appena elencati, magari fossero tutti così gli horror mainstream e magari ci fosse qualcuno, qui da noi, disposto a investire e a rischiare su progetti di questo tipo, senza che i registi europei debbano per forza scappare negli Stati Uniti per trovare finanziamenti e incappare, quasi sempre, in clamorosi fallimenti (come lo stesso Gens ha dimostrato).
"Frontiers" è un film importante, anche se non particolarmente riuscito.
Potrebbe essere solo l'inizio, potrebbe diventare un apripista per una rinascita non solo artistica (quella è in pieno corso), ma anche economica del cinema di genere europeo. Certo, la scommessa sarà quella di mantenere un' identità specifica, di non diventare, come il film in oggetto, dei freddi cloni senza un briciolo d'anima dei modelli di riferimento americani. Ma se persino un film bruttarello e derivativo come "Frontiers" è superiore di gran lunga ad accozzaglie inguardabili come "The Hitcher" (il remake) e "Prom Night", tanto per citare due uscite piuttosto recenti, allora forse è in Europa che risiedono quei talenti in grado di rianimare un genere dato per morto come l'horror.
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Recensione a cura di L.P. - aggiornata al 15/12/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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