Voto Visitatori: | 8,13 / 10 (44 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,50 / 10 | ||
Marco Bechis è un regista italo-argentino che nel 1977 viene incarcerato dal regime militare per poi essere espulso dall'Argentina, proprio a causa della sua nazionalità italiana. Queste due righe vogliono far sapere che chi ha diretto questo film oltre ad essere informato dei fatti trattati ne è stato protagonista. Questo è un film in parte politico, ma soprattutto consapevole.
La storia racconta di Maria, una giovane donna che vive durante la metà degli anni settanta in Argentina, una maestra che insegna agli indigenti delle bidonvilles e che partecipa ad un'organizzazione rivoluzionaria rispetto al regime militare imperante. Maria viene per questo prelevata e tradotta a Garage Olimpo, entrando a far parte di quei 30.000 desaparecidos, protagonisti di una delle più atroci vicende della storia contemporanea. Tra i carcerieri c'è un viso famigliare a Maria, quello di Felix, giovane di lei da tempo invaghito, e Maria non può far altro che affidare le proprie speranze al suo torturatore.
Molto brava Antonella Costa, che interpreta Maria e brava anche Dominique Sanda, che interpreta Diane, la madre di Maria.
Bechis non realizza un documentario e nemmeno un documento di denuncia, egli ci parla della "banalità del male", ci racconta la violenza evocandola, senza l'ausilio del palesare le torture fisiche.
La violenza scaturisce dalla radio che trasmette musica locale a tutto volume per celare le urla di dolore, la violenza è nel suono della pallina da ping-pong che tocca il tavolo; già perchè i carcerieri giocano, i carcerieri timbrano il cartellino, i torturatori rispettano una loro burocrazia.
Quello di Garage Olimpo è il mondo dei suoni, la vista è esclusa da quella realtà.
Gli occhi di Maria, simbolo delle altre vittime, non riescono a mentire, i suoi occhi sui quali spesso Bechis indugia sono disarmanti, riproducono tutta la paura dell'ignoto e della sofferenza, fino a diventare occhi privi di luce, quegli occhi che mai più riusciranno a vedere.
Il montaggio del bravo Jacopo Quadri è quasi perfetto nell'accostare le due realtà e purtroppo normalità del film, quella della sotterranea "burocratica" tortura e quella della città che vive sulla superficie alla luce del sole, senza sapere su quanti corpi sta camminando.
Questo film mostra in maniera quasi asettica la de-costruzione dell'essere umano, il cui depauperamento psichico ne è il primo sintomo.
Garage Olimpo è solo uno dei tanti centri attivi a Buenos Aires tra 1976 e 1982, in cui veniva tolto il nome e venivano tolte l'aria e la possibilità di scegliere.
La scena finale del film è la più poetica: accompagnata da una musica di piacevole ascolto, è rappresenta l'ultima tortura inflitta ai desaparecidos, che per macabra ironia è più simile ad un volo di liberazione che di morte.
Per approfondire questo tema è interessante ed utile guardare il documentario di Daniele Incalcaterra dal titolo "Terre d'Avellaneda", che cerca di recuperare la memoria e si promette di capire quali cambiamenti subiscono i paesi che, dopo aver vissuto un periodo violento, scelgono un regime democratico.
E' interessante riportare solo la frase d'apertura di questo utile lavoro: "Nel 1989 in Argentina il Presidente Menem, decretando l'indulto, grazia tutti i prigionieri politici. I principali dirigenti dei movimenti rivoluzionari, così come i membri della dittatura militare dal 1976 al 1983 furono liberati."
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Recensione a cura di foxycleo - aggiornata al 04/06/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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