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"Tutto ciò che si vede diventa... dissolvenza"
(Corpi 1) L'uomo steso a terra svenuto è un ragazzo senza fissa dimora, si chiama Hsiao-Kang, ed è stato appena aggredito e derubato.
Siamo in Malesia, a Kuala Lumpur, regno di dolore, miseria, sopraffazione e violenza. Lì un gruppo di operai bengledesi lo raccolgono, lo portano con sè, lo medicano. Tra di loro c'è Rawang, che decide di occuparsi di lui, e lo porta nel suo letto. Hsiao-Kang viene perciò accudito, come un soggetto degno della massima attenzione, da Rawang, che lo spoglia, lo lava, lo cambia, lo riveste, lo aiuta ad espletare i suoi bisogni corporali, atti meccanici che rivestono una certa importanza, sempre più a un passo dal desiderio omoerotico, ma mai vicino al completamento di un vero e proprio atto sessuale nei confronti del soggetto inerme. E' Rawang che cerca un'empatia fisica per donarsi per l'altro, e ne prova quasi una sorta di pudica reticenza.
(Corpi 2) Un ragazzo paralizzato, allettato, in un letto simile a quello di certi ospedali, mentre la radio manda continuamente celebri arie d'opera (come "il flauto magico" di Mozart).
(Corpi 3) Chy è una giovane cameriera che si occupa di lui, il ragazzo affetto da paralisi figlio della principale.
Stesso rito: lei lo spoglia, lo lava, quasi un'abluzione dove l'acqua non risparmia un centrimetro della sua pelle, lo risciacqua, lo cambia, lo veste, cambia la biancheria del letto.
Anche lei, come Rawang, prova una sorta di disperato piacere nell'occuparsi dell'altro, e anch'essa ha bisogno di condividere questa forma di accudiscenza con il soggetto/oggetto del suo desiderio, arrivando a praticare al ragazzo una forma impropria di masturbazione.
(Corpi 4) Hsiao-Kang, finalmente guarito, incontra Chy e se ne innamora. I due corpi sono ora liberi dai rispettivi vincoli, e cercano di conoscersi, ma sembra difficile trovare un modo, o semplicemente il luogo giusto.
Il paese è vittima di un'improvviso inquinamento, gli abitanti portano tutti la maschera: la coppia affronta così l'amplesso più doloroso, quasi disperato, levandosi le maschere e cercandosi, toccandosi, baciandosi, fino a un'orgasmo che sconfina in una sorta di rivalsa verso un probabile preambolo di morte.
L'atto sessuale, fonte massimo della vita e dell'amore eterno, diventa un viatico che nega l'esistenza stessa della vita.
(Corpi 5) Ming-Liang ancora una volta (e a pochi anni da un film tanto lodato quanto vergognosamente non distribuito, "Goodbye dragon Inn") ha un modo tutto suo nel rievocare la solitudine di questi corpi, l'utopia impossibile della carne (e del suo desiderio) di trovare alleanze, affinità, complicità sessuali e non.
(Corpi 6) I corpi di Chy e di Hsiao-Kang (diviso tra l'attrazione della ragazza e l'attenzione o la semplice riconoscenza verso il suo benefattore Rawang) cercano un luogo che non c'è, una dimensione intima che non trovano mai, e che forse non troveranno più. A questo dubbio latente il regista non offre risposte definitive, ma solo preamboli, e simboli.
Il rischio è di finire per essere inutilmente estetizzanti (come del resto lo è la sequenza della farfalla che si libra in volo dai capelli di Hsiao-Kang), e questo tipo di cinema è sicuramente di non facile presa e ostico ai più, ma capace di ripagare lo spettatore con immagini di assoluta bellezza.
E' anche intrinseca, nel suo messaggio falsamente astratto, la capacità di cogliere la ragione di un'illusione che non nasce certo per caso: davanti al disagio sociale dei protagonisti, l'autore offre come ultima risposta il sonno letargico, una stasi o una programmatica transizione, tre testimoni del tempo in un materasso che galleggia nell'acqua, quasi vinti dalla loro disperata ricerca.
Tutto ciò che regna attorno a loro è la rarefazione di un destino segnato, forse non per sempre.
(Corpi 7) "E quei corpi come faranno a raggiungersi?" sembra chiedersi Ming-Liang.
La risposta è negli oscuri parametri di un piacere soffocante (come nello splendido e crudele amplesso tra Kang e Chy) o nelle spire di un letto dove tutto questo avrebbe potuto tradizionalmente avere inizio.
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Recensione a cura di kowalsky - aggiornata al 02/04/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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