Voto Visitatori: | 7,64 / 10 (14 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,50 / 10 | ||
Ingiusto flop al botteghino e grande prova recitativa per Walter Chiari, istrionico attore non sempre valorizzato dal nostro cinema, "Il giovedì", pur girato nel 1963, ha tutti i numeri per essere apprezzato al giorno d'oggi per la tematica trattata, ancora tabù e poco compresa all'epoca, attualissima al giorno d'oggi (tanto da ispirare – ahimè - persino il "grande" Vanzina in un suo recentissimo capolavoro).
Il protagonista è un padre separato che dopo molti anni ottiene il permesso di rivedere suo figlio per una sola giornata (il giovedì, appunto). Infantile e sconsiderato, l'uomo vive alle spalle della nuova compagna, una donna autonoma e pratica, e poco si cura di cercare un'occupazione degna di questo nome. È interessante notare come, dopo il boom economico che ha cambiato il volto dell'Italia, anche le donne stiano cominciando a cambiare: non più ragazza ingenua desiderosa di un compagno che l'aiuti e la mantenga ma una persona che guida la propria autovettura, ha uno stipendio e dà la "paghetta" al compagno rimasto bambino per le sue necessità.
Altre donne "forti" si affacceranno nel corso della storia: la governante di ferro del figlio di Chiari, alias Dino nella pellicola; la sua ex moglie, ricca manager che passa il suo tempo tra alberghi di lusso di grandi città europee; le due ballerine tedesche Alice ed Ellen Kessler che parlando nella loro lingua canzonano pesantemente il povero Dino e il suo gallismo. Uniche donne più vicine all'immaginario comune dell'epoca e per questo sottilmente derise dal regista sono la madre e le zie di Dino: la prima donna d'altri tempi abituata a lavorare duramente pure non manca di mente pragmatica sottolineando la saggezza del secondogenito impiegato statale a Bari, le altre anziane nubili perse davanti al nipotino, rimaste fanciulle da accudire perché private del loro naturale sfogo.
Dino è un fallito che cerca di indossare una maschera per figurare bene davanti al figlio, un bambino perbenino e più maturo dei suoi otto anni, che si rende presto conto delle bugie del genitore ma sta al gioco per non deluderlo. Ogni momento della giornata dei due è descritto minuziosamente, e questo porta a tratti a tediare lo spettatore, specie quello moderno, abituato a scene più veloci e ravvicinate e poco all'elogio alla lentezza.
Il più maturo tra i due è il figlio che pure, stanco forse dei troppi obblighi e divieti imposti dalla severa genitrice, finisce con l'affezionarsi a quel padre estraneo con cui si ritrova dopo troppo anni di distacco.
Dal primo incontro freddo e imbarazzato (Dino ha inizialmente scambiato un altro piccolo ospite dell'albergo per suo figlio) si passa a un rapporto via via più intimo che sfocia nel lungo abbraccio finale quando il bambino, dopo aver chiesto indirettamente a suo padre di passare altro tempo insieme, si congeda da lui sotto gli occhi da Cerbero di madre e governante. I due sono diversi e conducono vite diverse, ma in fondo la "voce del sangue" li rende vicini e affratellati.
Finale aperto: dopo aver promesso alla compagna di cambiar vita e mettere giudizio, Dino gioca con delle castagnole mentre suo figlio in albergo mostra i segni della cattiva educazione ricevuta da suo padre mangiando senza usare le posate: la giornata insieme sembra aver cambiato entrambi dando la scossa che i due attendevano.
Storia semplice ma di grosso impatto, da vedere anche per imparare a conoscere Walter Chiari prematuramente scomparso e spesso dimenticato da chi si occupa di spettacolo.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 09/10/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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