Recensione il signore degli anelli: le due torri regia di Peter Jackson USA, Nuova Zelanda 2002
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Recensione il signore degli anelli: le due torri (2002)

Voto Visitatori:   8,01 / 10 (1499 voti)8,01Grafico
Migliori effetti specialiMiglior montaggio sonoro
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Migliori effetti speciali, Miglior montaggio sonoro
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locandina del film IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI

Immagine tratta dal film IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI

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Immagine tratta dal film IL SIGNORE DEGLI ANELLI: LE DUE TORRI
 

Il sedici gennaio (con un mese di ritardo rispetto al resto d'Europa) è approdata sui grandi schermi di tutta Italia la seconda parte de: "Il signore degli anelli", sottotitolata "le due torri". E' il secondo dei tre capitoli previsti (e già girati), diretti da Peter Jackson, tratti dal romanzo (scritto nel 1954) dello scrittore inglese Tolkien. 860 milioni di dollari di incasso, 13 nomination e 4 oscar, fu questo il risultato ottenuto dal primo capitolo della trilogia "La compagnia dell'anello" ed era questa l'eredità che si portava dietro il secondo capitolo, tanto che non è azzardato definirlo come il titolo più atteso del 2003, nonostante sia arrivato solo a gennaio.

Ed è bene dirlo subito, "Le due torri " non delude, anzi sorprende perché era difficile realizzare un seguito dello stesso livello (se non migliore) del suo illustre predecessore. E sorprende anche, fin dall'inizio: infatti non c'è alcun riassunto iniziale dell'episodio precedente, la scena riprende direttamente da dove era finita, ovvero con Frodo e Sam alle prese con le montagne di Emyn Muil.

Ma prima di cominciare a parlare di questo secondo capitolo è meglio fare un bel ripasso di storia.
Nel "La compagnia dell'anello", Frodo, un hobbit della Contea si era addossato il durissimo compito di distruggere l'anello del potere che si era trovato casualmente (o quasi) fra le mani. Ad aiutarlo nell'ardua impresa, 8 coraggiosi compagni: i 3 hobbit Sam, Pipino e Merry, i 2 uomini Aragorn e Boromir, l'elfo Legolas, il nano Gimly e lo stregone Gandalf. Il loro compito era quello di "scortare" Frodo fino al monte Fato, unico luogo al mondo dove poteva essere distrutto l'anello. Arrivati sulle sponde del fiume Anduin, dopo aver perso Gandalf, la compagnia subiva un'imboscata dagli Uruk-hai, che causava l'eroica morte di Boromir (l'unico membro della compagnia ad aver ceduto al potere dell'anello). Durante l'imboscata venivano anche catturati Merry e Pipino e Frodo fuggiva (lasciato da Aragorn "al suo destino") con Sam verso il monte Fato. E così terminava il primo capitolo della trilogia, con Frodo che diceva a Sam, riguardo i suoi compagni: "Ho l'impressione che non li rivedremo mai più"; un finale che sicuramente non deludeva ma totalmente "aperto".

Il secondo capitolo, come già menzionato, si apre con la stessa scena ma contiene una importante novità riguardo al predecessore: la compagnia, infatti, si è spezzata in tre parti (Frodo e Sam, Legolas, Aragorn e Gimly, Merry e Pipino) e la regia segue separatamente le tre vicende affrontate dagli ex-compagni, perché, è meglio anticiparlo fin d'ora, questo secondo capitolo asseconderà l'impressione che Frodo aveva avuto alla fine del primo, in altre parole le vicende non si collegheranno e quindi gli ex-membri della compagnia non si rivedranno ancora.

Un film, quindi, diviso in tre vicende minori, collegate da un montaggio particolarmente curato. E queste tre vicende sono molto differenti fra loro e si devono approfondire singolarmente. La prima ha per protagonisti i due giovani hobbit Merry e Pipino; essi riescono a fuggire dagli Uruk-hai e arrivano nella foresta di Fangorn . Qui vengono aiutati da Barbalbero (un albero che parla e cammina) che li conduce da Gandalf, divenuto Gandalf il bianco dopo lo scontro con il Balrog a Moria (1° episodio). Una morale ecologica è al centro di questa storia, gli alberi, infatti, avvertendo il potere crescente di Sauron, decidono comunque di non intervenire e di non aiutare gli uomini (accusandoli di mancanza di rispetto nei loro confronti) ma, dopo aver visto alcuni loro amici "uccisi" (sdradicati dagli orchi) decidono di entrare in azione attaccando il cuore del regno di Isengard. Gli alberi (o Ent) mostrano così un coraggio quasi "umano", ed è in questa situazione che il montaggio mostra tutto il suo splendore, infatti sia gli uomini al fosso di Helm sia gli alberi si ribellano (contemporaneamente) al potere di Sauron e impugnano le armi in nome della libertà, pur sapendo che probabilmente non ne usciranno vivi, considerata la forza del nemico. E così come il re di Edoras dirà: "Farò fare ai miei uomini una fine da eroi", Barbalbero, in cammino verso Isengard, prevederà che quella sarà: "l'ultima marcia degli Ent". Anche se molti potrebbero criticare la "personificazione" di un albero, nel film è più che giustificata data la sua indole fantastica.

Nella seconda parte, i protagonisti sono i tre guerrieri Aragorn, Legolas e Gimly. Dopo aver assistito alla morte di Boromir, decidono di salvare i due hobbit catturati dagli orchi e partono al loro inseguimento, ma li raggiungono quando ormai sono già scappati dagli Uruk-hai. Anch'essi entrano nella foresta di Fangorn dove incontrano Gandalf. Il gruppo, dopo aver appreso che i due hobbit sono al sicuro, parte per Edoras, dimora di Theoden, re di Rohan, ceduto al potere del male. Gandalf "esorcizza" Theoden liberandolo dal potere di Sauron e il re, riacquisita piena coscienza, decide di portare tutti i suoi sudditi al fosso di Helm, dove pensa si possano difendere meglio dalla minaccia incombente degli orchi. Ma prima fa visita alla tomba di suo figlio, ucciso dagli orchi mentre era sotto l'influsso del potere oscuro, dicendo saggiamente: "Un padre non dovrebbe mai seppellire un figlio". Arrivati ad Helm, re Theoden apprende da Aragorn ("attardatosi" a causa di un orco) che l'esercito di Saruman è già in cammino verso il fosso di Helm, un enorme esercito, formato da orchi e Uruk-hai per un totale di circa diecimila unità. Re Theoden decide di dare una fine eroica ai suoi soldati, accettando di combattere ugualmente nonostante sia una guerra già persa in partenza. Un coraggio che segna la rivincita degli uomini, una razza tanto criticata da elfi e nani a causa della loro avidità. Per colpa degli uomini, infatti, l'anello non è stato ancora distrutto, e molti di essi sono stati i primi a schierarsi dalla parte del male, ma adesso sono gli unici che si possono opporre a Sauron, come aveva già previsto Gandalf nel primo episodio dicendo a Elrond, capo degli elfi di Gran Burrone: "Le nostre speranze devono essere riposte negli uomini" subendo una dura ripresa da quest'ultimo: "Il loro animo è corrotto da tempo, gli uomini sono inaffidabili". E ora, le sorti del pianeta dipendono proprio da essi. La preparazione per la battaglia al fosso di Helm è sicuramente la scena più drammatica del film. Anziani e bambini sono costretti a impugnare le armi contro la loro volontà e la paura traspare chiaramente dai loro volti, lo stesso Legolas si rende conto dell'impossibilità dell'impresa (300 contro 10000) accettando comunque di morire insieme ai suoi amici. E quando sembra essere tutto pronto, si sente suonare il corno degli elfi, giunti in aiuto degli uomini per rinnovare "l'impegno di tremila anni fa, in cui uomini ed elfi combatterono uniti contro Sauron". Anche se gli orchi rimangono in grande maggioranza, Aragorn sa che l'aiuto degli elfi sarà molto utile grazie alla loro abilità con l'arco. E così la guerra ha inizio, con gli orchi che si dispongono davanti al fosso e con uomini ed elfi che gli puntano contro le loro frecce. La tensione raggiunge livelli altissimi, è la guerra che segnerà probabilmente la fine della razza umana ("Non ci sarà un'alba per gli uomini" aveva detto Saruman davanti al suo esercito).

Ed è a questo punto che il regista Peter Jackson fa una scelta rischiosa ma che si rivelerà azzeccata. Egli infatti affida al nano Gimly una serie di simpatiche (ma mai stupide) gag, con l'intento di "spezzare la tensione del film"; ed è così che Gimly farà a gara con Legolas contando gli orchi uccisi, si farà "lanciare" da Aragorn sui nemici, o ancora si farà trattenere dai suoi compagni nel tentativo di sfidare da solo centinaia di orchi. Tutto molto ironico e particolarmente riuscito. E quando la disfatta degli uomini sembra vicina, arriva provvidenzialmente Gandalf (allontanatosi in cerca di aiuto 5 giorni prima) con un seguito di alcune migliaia di cavalieri capeggiati da Eomer, nipote di Theoden, bandito dal regno di Rohan quando su zio era sotto l'effetto del potere di Sauron. Termina così vittoriosamente per gli uomini la guerra contro Saruman.

Ma dove "le due torri" mostra il suo vero carattere è nella "terza" vicenda, che ha per protagonisti Frodo (il possessore dell'anello), Sam e Gollum. Anche se meno frenetica della seconda, nonché meno fantastica della prima, quest'ultima è la più profonda e la più significativa. Gollum è la chiara testimonianza del potere dell'anello, basti pensare che, in origine, quello che ora appare come un viscido essere quadrupede, era un hobbit di nome Smeagol. Egli è stato rovinato dal potere dell'anello, da lui posseduto per molti anni e da lui ancora desiderato, tanto che accetta di guidare Frodo e Sam verso i cancelli di Mordor per poterglielo rubare una volta presentatasi l'occasione. E come Gollum, anche Frodo comincia ad accusare il potere dell'anello da cui non si riesce più a separare, subendo una evoluzione che lo avvicinerà sempre di più verso il potere oscuro. Quello che nel primo capitolo appariva come un innocente e ingenuo piccolo hobbit adesso arriva quasi a uccidere il suo amico Sam. Ma Frodo mostra anche pietà nei confronti di Gollum, trattandolo quasi come un amico e scatenando la comprensibile ira di Sam (Gollum aveva cercato di ucciderli). La verità è che Frodo si rivede in Gollum, anch'egli era un giovane hobbit ed era in possesso dell'anello, e se ne prende cura, giustificandosi dicendo: "Voglio sperare sia recuperabile". Frodo ha paura, sente che, ogni giorno che passa, il lato oscuro è sempre più presente ma non si vuole ridurre come Smeagol. E come se il "peso" dell'anello non bastasse, a complicare le cose ci si mettono pure gli uomini di Gondor, capeggiati da Faramir, fratello di Boromir, deciso a portare l'anello a Gondor per usufruirne nella battaglia contro gli orchi di Mordor. Ma quello che appare all'inizio come un uomo avido e bramoso di potere, si trasforma, non appena apprende che suo fratello è morto a causa del potere dell'anello e non appena avverte il "peso" dell'anello su Frodo, in un saggio uomo, pronto a liberare gli hobbit e Gollum a rischio della propria vita.

Con l'ennesima scena che mostra la duplice personalità di Gollum (da una parte vuole aiutare Frodo e lo chiama "padrone" e dall'altra vuole ucciderlo nel sonno) termina il secondo capitolo della trilogia. Tre diverse vicende in un solo film, quindi, e tre storie per tutti i gusti: quella fantastica ed ecologica di Merry e Pipino, quella epica e spettacolare di Aragorn, Legolas e Gimly, e quella riflessiva e introspettiva di Frodo, Sam e Gollum (o Smeagol). Tutte che si occupano dell'eterno conflitto fra bene e male, in cui la differenza fra buoni e cattivi (fatta eccezione per Gollum, unico anello congiungente queste due categorie opposte) è quasi palpabile.

Tutte caratterizzate, anche, da magnifici effetti speciali, che culminano nella maestosa battaglia al fosso di Helm. I dieci mesi che sono stati necessari per girarla (7 di preparazione e 3 di realizzazione) vengono facilmente motivati non appena (se non prima) comincia la battaglia. Se avete visto "Star wars :l'attacco dei cloni" e siete rimasti esterefatti dai suoi effetti speciali, pensate che, ne "le due torri", le cose vanno molto meglio: migliaia di orchi e migliaia di uomini sono i protagonisti della più bella, epica e meglio realizzata (fino ad ora) battaglia della storia del cinema. Il realismo tocca vette di eccellenza impressionanti e non appare nessun elemento rimasto computerizzato o staccato dalla realtà scenografica. In poche parole, una gioia per gli occhi. E sono una gioia per gli occhi anche i magnifici paesaggi che fanno da sfondo a tutta l'avventura, magnificienza paesaggistica che la sapiente regia sfrutta con numerose inquadrature aeree che girano a 360° attorno ai protagonisti della scena. La sceneggiatura è molto particolare, ma si adatta perfettamente a questo mondo fantastico.

Una menzione particolare merita anche l'originalità del film; in un panorama cinematografico in cui le idee sono sempre più carenti, l'opera di Jackson emerge per genealità e varietà di situazioni.
In definitiva, un film assolutamente imperdibile per chi ha già visto il primo capitolo della saga. Per tutti gli altri, è l'occasione giusta per avvicinarsi finalmente al mondo di Tolkien e Jackson, con la certezza che non ne rimaranno delusi. L'importante, però, è non vedersi "Le due torri" senza aver visto prima "La compagnia dell'anello", sarebbe un errore imperdonabile.

Appuntamento quindi al Gennaio 2004, quando uscirà nelle sale cinematografiche il terzo e ultimo episodio della trilogia sottotitolato "Il ritorno del re", perché, come dice Gandalf alla fine di questo secondo episodio: "La guerra per il fosso di Helm è vinta, ma la guerrà per la Terra di Mezzo deve ancora avere inizio"...

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Recensione a cura di Gabriele Nasisi - aggiornata al 20/05/2003 17.24.00

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