Recensione instinct - istinto primordiale regia di Jon Turteltaub USA 1999
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Recensione instinct - istinto primordiale (1999)

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locandina del film INSTINCT - ISTINTO PRIMORDIALE

Immagine tratta dal film INSTINCT - ISTINTO PRIMORDIALE

Immagine tratta dal film INSTINCT - ISTINTO PRIMORDIALE

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Immagine tratta dal film INSTINCT - ISTINTO PRIMORDIALE

Immagine tratta dal film INSTINCT - ISTINTO PRIMORDIALE
 

Ethan Powell è un ricercatore naturalistico che vive con un branco di gorilla. A seguito di uno scontro con le forze armate viene catturato e accusato dell'omicidio di due guardie. Tuttavia viene rinchiuso nell' ospedale psichiatrico del carcere in quanto ritenuto insano di mente per via del suo atteggiamento 'animalesco'.
Il dottor Powell si muove come una scimmia e non parla con nessuno. Nella solitudine e nel silenzio di un mondo ormai estraneo, incontra l'ambizioso psichiatra Theo Caulder che, pur intenzionato ad aiutarlo, mira a fare il colpo grosso per la sua brillante carriera. Il duplice obiettivo che si pone è quello di riuscire a far parlare "l'uomo delle scimmie", facendosi raccontare la sua storia per scriverne un libro e, al contempo, riuscire a raccogliere elementi sufficienti per scagionarlo dalle accuse e restituirgli il suo posto nel mondo civilizzato.

Il tema naturalistico/antropologico affrontato in questo film non è nuovo. Abbiamo visto difatti l'eccellente interpretazione di Sigourney Weaver nei panni di Dian Fossey nel film biografico "Gorilla nella Nebbia", ma, per quante similitudini e stereotipi si possano riscontrare nello script, "Instinct - Istinto primordiale" non è una sceneggiatura originale; il film è un adattamento della novella filosofica "Ishmael" di Daniel Quinn.
In realtà, più che un vero adattamento, sembra che il libro sia stato solo fonte d'ispirazione per il regista. Nel romanzo la storia viene introdotta dal racconto di uno scrittore disilluso che in gioventù, nel mezzo della ribellione giovanile degli anni '60-'70, ambiva a voler salvare il mondo. Cercava un maestro, un guru, un saggio che gli potesse indicare la via. Rimasto deluso dall'esperienza, a distanza di vent'anni trova un annuncio:
"MAESTRO cerca allievo. Si richiede un sincero desiderio di salvare il mondo. Presentarsi di persona."
Stupito e anche amareggiato da questo annuncio, decide di andare solo per avere la conferma che si tratti dell'ennesimo cialtrone, ma scopre che il maestro è un vero e proprio gorilla. In principio rimane incredulo di ciò che vede, ma riesce fin da subito a stabilire la comunicazione con l'immane creatura, pertanto, Il gorilla, il maestro dell'annuncio, comincia a raccontargli la sua storia di prigionia e di come è nato in lui "l'individuo" Ishmael. In seguito lo scrittore accetterà di diventare allievo del gorilla che lo condurrà in un viaggio culturale che cambierà per sempre la sua vita.

I contenuti filosofici di questa novella sono molto profondi e risultano a malapena accennati in questo tentativo di trasposizione cinematografica.
D'altra parte Jon Turteltaub non è certo tra i registi più incisivi per ciò che riguarda i grandi temi sociali. I suoi lungometraggi spesso trasfigurano in commediole tra cui spicca "Phenomenon" o in fanciulleschi fantasy come "Il mistero delle pagine perdute", ma in questo film sembra volesse fare un salto di qualità, affidandosi a un cast di tutto rispetto composto da Anthony Hopkins ("Il Silenzio degli innocenti", "Vento di Passioni"), il consolidato Donald Sutherland ("Gente comune"; "Ritorno a Could Mountain") e il valido George Dzundza ("Il Cacciatore"). Tuttavia il film non decolla probabilmente perché, ancora troppo legato all'icona del personaggio che gli valse un premio Oscar ne "Il silenzio degli innocenti", Hopkins, con questo nuovo ruolo, non riesce a soddisfare le maggiori aspettative del pubblico, e di certo non ha trovato la giusta spalla nel deludente Cuba Gooding Jr.

Alcuni punti chiave della sceneggiatura non vengono sufficientemente valorizzati anche a causa di un ritmo troppo lento che viene spezzato giusto in un paio di sequenze chiave per poi naufragare in uno scadente cliché sul finale che richiama "Le Ali della Libertà". Tuttavia, vengono evidenziati alcuni concetti filosofici che non passano inosservati e che sono in grado di offrire almeno un certo spunto di interesse culturale agli spettatori più esigenti. Il maggior punto di riflessione che viene posto in questo film non è relativo a un banale messaggio retorico ecologista, ma alla necessità di riscoprire e ristabilire il giusto equilibrio con tutto l'ambiente circostante. A tal proposito emerge su tutto l'abusato e controverso concetto di "libero arbitrio".
Secondo Sant'Agostino solo con la 'grazia' l'uomo diventa capace di dare attuazione alle proprie scelte morali, e pertanto distingue il libero arbitrio, che è il desiderio di scegliere in linea teorica tra il bene e il male, dalla libertà, che è invece la volontà di mettere in pratica queste scelte.
In verità l'uomo non è sempre in condizione di esercitare una volontà diretta, o di scegliere tra il bene e il male. La vita di ognuno dipende non solo da tutti gli altri, ma dall'ecosistema intero in quanto ogni forma di vita è interconnessa con le altre, pertanto, diventa estremamente interessante la lezione che il dottor Powell impartisce a Theo sul controllo.

Non abbiamo la libertà e non abbiamo il controllo, ma viviamo nell'illusione di averli, ed è solo infrangendo quest'illusione che si può comprendere il senso di ogni cosa.
Nel finale del film tuttavia il Dott. Powell rimette in discussione il concetto di libertà affermando che esiste al di là delle barriere che ci costruiamo da soli, ma a questo punto va fatta una riflessione su ciò che si intende per libertà e su ciò che invece concerne la scelta:

Per libertà generalmente s'intende la condizione per cui l'uomo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, attraverso la volontà di ideare e compiere un'azione, ricorrendo ad una libera scelta degli strumenti che si ritengono utili allo scopo prefissato.
La scelta invece è quel processo mentale per cui si giudica il valore di diverse opzioni a disposizione che si conclude con la selezione di una di esse per il conseguimento dello scopo.
Ma quale libertà si potrebbe mai avere se in una determinata circostanza non si presenta più di un'opzione?

"L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla."
Isaiah Berlin

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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 10/01/2013 16.22.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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