Voto Visitatori: | 8,46 / 10 (208 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 9,00 / 10 | ||
1998: Tornatore propone sul grande schermo la storia tratta dal monologo di Alessandro Baricco, "Novecento", servendosi del proprio tocco poetico, delle musiche di Morricone e dell'interpretazione di Tim Roth per creare l'ennesimo capolavoro.
La vicenda ha luogo nel nebbioso oceano dove il transatlantico Virginian porta gli emigrati verso l'America. La storia è immersa in una suggestiva paesaggistica che fluttua tra romanticismo e neorealismo.
Novecento è un bambino ritrovato sul Virginian da un macchinista; quest'ultimo lo alleva come un figlio proteggendolo dal mondo esterno nel loro piccolo universo inter-navale, per paura di doverlo perdere per sempre. Novecento matura dunque al ritmo dell'oceano coltivando la sua passione per il pianoforte scoperta da piccolo.
Ormai uomo si esibirà per i passeggeri osservando e conoscendo la gente, accrescendo sempre più la propria ingenua e inviolata sensibilità. Il giovane, nonostante le incitazioni degli amici di bordo, non scende mai sulla terraferma.
Il film, attraverso le vicende narrate, svela allo spettatore l'assurdità del nostro mondo, delle nostre convenzioni, del cinismo che pervade la società riprendendo i temi tanto amati dal regista: il viaggio, la casa.
Infatti Tornatore sposta la cinepresa dalla sua amata Sicilia rivolgendo il proprio sguardo verso nuovi orizzonti, ma è chiaro che in realtà così non è. Il protagonista infatti è un uomo senza patria, la sua casa è l'oceano, la sua culla è la nave dalla quale ha paura di scendere avendo sempre vissuto lì; la terraferma è un mondo troppo ampio per lui.
L'analogia nave-Sicilia è dunque molto forte: servendosi di Novecento come proprio alter ego spirituale il regista narra di un viaggio che lo porterà a voler scendere dalla nave (Sicilia) ma sarà proprio l'amore per essa e il timore del resto del mondo a guidare gli eventi. La nave per Novecento e la Sicilia per Tornatore incarnano quindi il celebre "nido" Pascoliano e cioè il luogo d'origine: familiare, sicuro, intimo.
Lajos Koltai con la sua fotografia scava dentro ai personaggi: le emozioni e i pensieri sono catturati nella loro nudità e questo, oltre che a Koltai, è dovuto anche al Maestro Ennio Morricone, capace di dare un tocco divino alle opere di Tornatore.
Tim Roth stupisce mettendo da parte la sua vis comica e dando sfoggio del proprio talento anche a fronte di ruoli drammatici, confermandosi così uno dei migliori attori contemporanei.
Il film ha ricevuto molteplici premi: ben 6 David di Donatello (1999) e un Golden Globe 2000 per la miglior colonna sonora.
Di fatto quest'opera è un kolossal, ed essendo di matrice italiana si rivela ancora più sorprendente ed esclusiva considerando anche l'anno di produzione, relativamente recente, quando già il cinema italiano si avviava al decadimento.
"La leggenda del pianista sull'oceano", giudicato da alcuni troppo lungo e da altri troppo melenso, si apprezza a pieno solo conoscendo Tornatore e il suo cinema, che non si limita più ad essere tale ma diviene interiorizzazione, potenza emotiva di un uomo e in parte (anche se il film non ambisce a ciò) sintesi di un secolo.
L'umiltà, l'amore, l'amicizia, l'arte sono gli ingredienti di questa trama eccezionale.
Tre ore lungo le quali le emozioni raccontano di sé volteggiando tra musica e poesia, nelle gran sale animate dai più ricchi ma soprattutto nei meandri polverosi della terza classe dove l'arte di Novecento prende il volo. E' assistendo a quel volo melodioso e fluttuante che la terra appare povera, vuota, silenziosa.
Novecento, proprio lui che con il suo talento avrebbe potuto vivere in ricchezza, lancia allo spettatore un messaggio semplice e nobile: bastano 88 tasti per essere felici.
Sta allo spettatore misurare questa frase con la propria vita.
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Recensione a cura di sally-OHara - aggiornata al 05/10/2010 12.26.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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