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I sogni di Davide (Gianluca Testa) sono tormentati da visioni angoscianti: la sua mente inizia a cedere, mentre la sua vita sembra essere a un punto morto. La provincia lo isola dal mondo e la crisi economica gli impedisce di realizzarsi professionalmente. Mentre cerca inutilmente un nuovo posto di lavoro - e un posto nel mondo, Davide si prende a suo modo cura della ragazza che tiene legata in casa (Eleonora Bolla), alternando momenti di gentilezza a scene di violenza psicologica e fisica, in una spirale di crescente ed ineluttabile follia...
La cosa che resta impressa di "Mad in Italy", lungometraggio d'esordio di Paolo Fazzini, è il tentativo dichiarato nei primi minuti di coniugare il film di genere con il racconto delle aberrazioni sociali che in tempi difficili fanno spesso emergere il lato più oscuro della natura umana. Il fatto che tale incipit resti impresso - non solo a livello tematico, ma anche cinematografico - deriva non tanto dalla sua originalità, quanto dal fatto che tali promettenti presupposti vengano completamente disattesi: passato il primo quarto d'ora, in cui incubi e visioni che sembrano uscire dai migliori horror orientali consentono di costruire una cornice accattivante ad una storia tutta italiana di disagio giovanile, incomunicabilità e malcostume, si finisce in una storia di cronaca nera di provincia, che da metafora dell'impossibilità di dialogo (tra classi sociali, tra sessi, tra generazioni) diviene semplice narrazione, derivativa nella forma e deludente nei modi: duole dirlo, ma il livello della recitazione e dei dialoghi, che risente evidentemente del budget contenuto, ricorda le peggiori fiction della televisione pubblica. La totale mancanza di autenticità nelle interpretazioni (a partire da quella del protagonista Gianluca Testa) affonda il film dopo le prime battute, nonostante il montaggio tenti in tutti i modi di salvare il salvabile.
I problemi sono tanti: innanzitutto, nessuno, nemmeno autori del calibro di Daniele Luchetti e Paolo Virzì, è riuscito sinora a dare una rappresentazione soddisfacente di questi anni di crisi, indugiando più nella rappresentazione melodrammatica che in una sintesi vera (da un artista ci si aspetta una visione, una proposta, non solo una rappresentazione: per quello ci sono i telegiornali). Il problema della disoccupazione è un tema sfruttato - sempre male - e "Mad in Italy" non fa eccezione. L'alienazione e la cattiveria che sembrano permeare la società italiana sono una tematica importante, che viene però un po' svilita dalla scelta di raccontare comunque la storia di uno psicopatico all'interno di un episodio di cronaca nerissima. La risoluzione - comunque non banale - della trama del rapimento diviene l'unica conclusione di un film che gettava molti presupposti interessanti e che abbandona troppo presto tutte le idee migliori.
A Paolo Fazzini va dato atto di aver messo in campo una propria idea di cinema in un panorama che non sa più collocare film "ibridi", purtroppo il risultato conferma anche che il cinema italiano ha bisogno di uno scatto in avanti a cui prodotti come "Mad in Italy" non possono contribuire in alcun modo.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 10/07/2013 17.04.00
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