Recensione tutti per uno (2011) regia di Romain Goupil Francia 2010
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Recensione tutti per uno (2011) (2010)

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locandina del film TUTTI PER UNO (2011)

Immagine tratta dal film TUTTI PER UNO (2011)

Immagine tratta dal film TUTTI PER UNO (2011)

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Immagine tratta dal film TUTTI PER UNO (2011)

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Come si può rispondere a una radicata caccia all'uomo? Quella cattura consentita da una legge che intima di espellere migliaia di persone clandestine?
Il cuore di mamma non ha dubbi: intonando una filastrocca modulata, rassicurante, per tener buono quell'infante in grembo, spaventato dall'aggressività che fluisce nell'aria, mentre la polizia arresta un gruppo di irregolari nella Parigi di un paio d'anni fa.

La "polisse" è un'arma sciancata che agisce tenace per conto del Governo. Descritta come un corpo unico sopra le righe, quasi un insieme di figurine-caricature di cattivi spietati mangiabambini, ingannatori e mentitori; più che tutori dell'ordine difendono il sistema politico del quale si nutrono. Solo facendo rimanere in piedi quello, mantenendolo funzionante, riescono a vivere, esistere, esercitare. Lo stato di/della polizia. Quello del presidente francese nell'anno del Signore 2009. Ieri, qui, ora. Al grido di "Liberté, egalité, papiers", i genitori-cittadini manifestano davanti alla scuola, scoprendo il nervo di una legislatura vacante.

Lì, in quell'istituto scolastico dove si mescolano i figli del mondo, c'è Milana, una bambina cecena che ha formato un gruppo segreto di coetanei. Legati da un'intesa silenziosa, da scambi di materiale, bigliettini, messaggi convenzionali durante le lezioni di addormentati docenti, i ragazzini si ritrovano in un nascondiglio segreto, vicino alle rues principali, dove progettano la vendita di copie di videogiochi e di musica per poter raggranellare qualche soldo. E' il primo segnale della loro indipendenza dalle regole degli adulti. Fuggono dai semplici schemi del "mangia, studia, lavati i denti e dormi" che genitori timorosi impongono loro nel tentativo di educare, togliendo tempo all'ascolto.
Quando, tra oltre 50 anni, i bambini di oggi ricorderanno gli eventi di una società che non conosceva il senso di solidarietà, tesa a esasperare le differenze razziali e volta a far prevalere la cultura nazionale come quella dominante, apparirà più debole quella paura estrema di contaminazioni, di sconvenienti misture religiose e linguistiche.
Milana nel 2067 è diventata una signora; acuta osservatrice della realtà, è un barlume di speranza nell'evoluzione socio-politica che potrebbe cambiare la confusa situazione odierna, trasformandola in un'architettura antropologica proporzionata, linda e pura.

Valeria Bruni Tedeschi, doppiata male da se stessa, incide solo con la forza e la passione rivoluzionaria, mentre si dà arie irritanti fumando sigarette senza sosta, inveendo nel tentativo di richiamare all'ordine (una contestatrice?) i fanciulli e mettendo un broncio che vorrebbe essere di protesta, ma che sfiora il comico involontario.
Bisogna riconoscerle almeno il coraggio di aver intrapreso una strada scomoda, che la pone in contrasto con la sorella Carla, quella che soggiorna ormai da tempo proprio nelle stanze del tanto denigrato Eliseo. Per una volta il cinema respira libero da dogmi, compromessi distributivi e vola appena un po' più alto rispetto al conforme ciarpame a cui siamo soliti assistere.

La spontaneità dei bambini nella recitazione è la cosa migliore del film. Les mains en l'air, i ragazzi sono uniti come rivoli d'acqua che scorrono su vetri battuti dalla pioggia. Una precipitazione meteorologica che diventa un diluvio di semplicità, nel tentativo di fuggire, per gioco, alle amare azioni persecutorie. E allora andate per la vostra strada, piccoli grandi marmocchi. Il vostro linguaggio è inascoltabile dai grandi, troppo presi dal chiasso delle loro baruffe. Troppo alti per poter vedere da un'altra prospettiva.

Au revoir, les anciens. Allez, les bizuths.

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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 07/06/2011 14.28.00

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