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Una famiglia un po' sgangherata noleggia una motor-home e parte alla volta del Colorado. Un viaggio in mezzo alla natura diventa, grazie al camper, l'occasione per conoscere tante altre famiglie e riscoprire i valori della propria.
Potrà sembrare un po' retorico, ma chi conosce il camper non si stupirà affatto che questo possa avere un effetto "catartico" sugli umori di persone e famiglie.
Il contatto con la natura, raro per chi abita in città, la coesione di un gruppo, mai a distanza così ravvicinata, le occasioni di frequentazioni diverse, impossibili coi ritmi monotoni della vita quotidiana e la forzata sinergia tra i componenti dell'equipaggio sanno creare una miracolosa comunione di intenti, di simpatia e di vicinanza. Anche perché, se tale armonia non si realizzasse, si potrebbe sempre scendere dal camper in qualsiasi momento e tornarsene a casa in treno.
Tale verità è confermata da ricerche molto serie: i figli dei camperisti veri sono mediamente più intelligenti, colti, precoci e socievoli dei loro coetanei stanziali, abituati alla sola vita di casa.
La premessa per dire che, in effetti, non mancava la materia per fare un film interessante e stimolante sull'argomento; altri, in passato, lo hanno fatto in ben altro modo, proponendolo per i suoi aspetti poetici addirittura in chiave musicale, rifacendosi alla velocità di movimento del camper ed alla sua calda ospitalità come mezzo ideale per un viaggio metaforico: cavallo, bivacco e capanna ad un tempo; capace di aiutare l'uomo a realizzare aspirazioni per lui fondamentali, come la curiosità intellettuale del viaggio, l'evasione verso l'incognito, la fuga dagli schemi tradizionali delle strutture urbane, l'appagamento della sua innata sete di libertà.
Al contrario, nel film di Barry Sonnenfeld è ben difficile ravvisare questi elementi, sostituiti e soffocati, invece, da un malcelato intento di far ridere a tutti i costi (riuscendoci ben di rado) e fraintendendo, oltretutto, lo spirito di fondo del lavoro e l'intenzione di base della RV, mirata a diffondere ed esaltare la vita itinerante sulle motor-home sulle quali milioni di americani non solo viaggiano, ma vivono, abbandonando le residenze stanziali; alla ventura, come vuole la loro natura nomade. Lo fanno in genere all'età della pensione, complementando i loro redditi con piccoli commerci, di paese in paese, esattamente come faceva nel film la famiglia amica/nemica di quella del nostro Robin Williams (gigionesco a dismisura).
La fortissima associazione americana dei costruttori di camper, la RV, deve aver pensato ad un film proprio con lo scopo di promuovere questa voglia di camper ("RV" era il titolo del film USA), mentre il racconto sembrava metterli alla berlina, con cinture difficili da allacciare, manovre molto difficoltose, organi meccanici che non tengono ed altre scomodità.
Il tutto infarcito di luoghi comuni triti e ritriti, di personaggi banali e situazioni troppo consuete, di una noia mortale.
Una favola a lieto fine per bambini non molto scaltri, zeppa di buonismi e vicende retoriche alla melassa. Come abbia potuto un regista come Barry Sonnenfeld operare a questo livello è difficile dire, dopo tante prove di buon livello; peggio ancora che le abbia scritte, dimostrando con questo, quanto meno, di non essere mai salito su un camper.
In conclusione, il film è un'esperienza da dimenticare, al contrario del camper, che resta uno dei maggiori contributi alla qualità della vita che l'uomo possa avere.
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Recensione a cura di GiorgioVillosio - aggiornata al 26/05/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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