Un gruppo di schiavi provenienti dalla tribù dei Mendi della Sierra Leone raggiunge L'Avana a bordo di una nave portoghese. Nell'isola caraibica vengono comprati dagli spagnoli, quindi imbarcati sulla Amistad diretti a Puerto Principe per iniziare la loro vita di schiavitù. Ma agli schiavi giunge voce che, una volta a destinazione, sarebbero stati uccisi. Ritenendo fondate queste voci capiscono che se vogliono salvarsi devono muoversi in qualche modo e tre giorni dopo aver lasciato il porto...
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Molti anni prima della guerra di secessione, le vicende poco note della nave negriera Amistad che rischiarono di anticipare la frattura nord/sud americana. Spielberg ricostruisce una versione plausibile dei fatti dando ampio spazio all'iter processuale, dal tribunale del Connecticut fino alla corte suprema statunitense, rendendo omaggio al coraggio e all'abnegazione dei protagonisti di questo straordinario atto di emancipazione sociale. Pur troppo prolisso nel dibattimento ed eccessivamente "americano" nel reinterpretare i pensieri dei 50 schiavi africani, Amistad regala passaggi di grande cinema e autentica commozione. Indimenticabile la lunga sequenza iniziale dell'ammutinamento e il monologo finale del ex presidente John Quincy Adams, interpretato dal grande Anthony Hopkins. Sopra le righe ma vibrante e appassionata la prova di Dijmon Hounsou, mentre McConaughey per una volta si destreggia con abilità. Non il miglior Spielberg, ma un film che merita una riflessiva visione.