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Film molto importante per Allen questo, di transizione certamente, ponte tra la pura comicità dei primi film e la commedia matura e più complessa dei grandi film successivi. Non riesce in pieno, come se Allen avesse più o meno capito quale strada intraprendere ma senza capire del tutto come intraprenderla, tuttavia è un film che regala belle cose e ottimi spunti.
Allen comincia sempre di più a rinunciare alla comicità fisica e slapstick che aveva avuto non poco spazio in alcuni dei suoi precedenti lavori e invece dirige il suo stile verso una comicità fatta di dialoghi, ad esaltare la sua nevrotica parlantina e la sua stupenda vena ironica; siamo ben lontani però da quel particolare stile nei dialoghi e nella scrittura che renderà unico il cinema di questo regista (a dire il vero se ne era avuta già una parentesi con "Play it Again, Sam" tre anni prima di questo film). Qui c'è si una comicità improntata sui dialoghi ma il registro è, diciamo, più basso a volte, più assurdo e grottesco e a mio avviso spesso anche meno divertente e convincente. Poi c'è anche il lato in cui nei dialoghi Allen sfodera il suo lato migliore: ironiche discussioni profonde e intellettuali sulla morte, sulla religione, sull'esistenza di Dio, sulla guerra, sulla vita, tutte inseribili in un contesto citazionista tra omaggio e parodia che ho apprezzato moltissimo.
Oltre a Tolstoj, principale destinatario della parodia proposta da Allen e ad altri autori della grande letteratura russa come Dostoevskij (il memorabile dialogo in carcere tra il protagonista e suo padre) mi preme ricordare le tante citazioni cinematografiche che Allen dissemina in questa sua personale rivisitazione di "Guerra e Pace". In particolar modo in "Love and Death" Allen per la prima volta ci mostra chiaramente la sua grande passione per Ingmar Bergman, quella che poi si tradurrà in un intero "Film-Omaggio" al maestro svedese, il primo vero film drammatico di Allen, quel gioiello di "Interiors". Qui invece si limita a disseminare citazioni e renderle a livello parodistico e grottesco: i vari dialoghi di Boris con la Morte, la danza finale di Boris con la Morte, scene che rimandano ovviamente a "Il Settimo Sigillo", un'altra inquadratura nel finale con i due volti sovrapposti in quel modo rimanda a "Persona" e in generale molti dialoghi "colti" con riflessioni etiche o morali sull'esistenza di Dio, sulla vita e sulla morte a me hanno ricordato una versione buffa e comica dei dialoghi di Bergman. Queste citazioni, del cinema e della letteratura, sono le cose che trovo decisamente più riuscite nel film, al netto di uno stile comico ancora acerbo e poco centrato a volte, con qualche caduta nel banale di una comicità bassa e di poco gusto, lontanissima dalla raffinatezza amara e sarcastica del futuro.
Che poi Allen c'è già tutto eh, lui è già lui, come attore, come regista, come autore, il modo di fare, di scrivere, di ironizzare, ci sono delle battute già qui splendidamente "Allen" che trovo fra le sue più riuscite come, all'inizio "Io dovrò morire questa mattina alle sei. In realtà l'esecuzione era stata programmata per le cinque, ma ho un ottimo avvocato, ha ottenuto clemenza".
Magari non funziona sempre e non funziona del tutto (credo che qui ci sia la collaborazione meno interessante e riuscita tra Allen e la Keaton) ma ha dei momenti e delle idee stupende, nel complesso è un bel film oltre ad essere un importante spartiacque nella carriera del regista.
Due anni dopo "Annie Hall", il primo vero capolavoro della sua carriera spalancherà le porte ad una serie di grandissimi film giunti in rapida successione l'uno dall'altro, almeno fino alla metà degli anni '80. Fino a "Love and Death" per me è stato soltanto il riscaldamento, con Woody Allen.