calamari wrestler (2004)

Il film in questione è piuttosto fuori di melone ed in qualche elemento il regista, anzi più di uno, anticipa quello che sarà Executive Koala. La storia in sé piuttosto classica perché attraverso il genere sportivo racconta un percorso di riscatto. L'elemento straniante e bizzarro è proprio la presenza di questi esseri antropomorfi con costumi in perfetto stile monster movie giapponese, che con il successo sportivo sperano nell'integrazione ed accettazione della società. Quindi rispetto a Koala dove le differenze tra esseri umani ed antropomorfi erano sottili, qui sono leggermente più marcate.

Carina l'idea di fare un film demenziale dove calamari e polipi diventano lottatori di wrestling (anzi, sarebbe più esatto dire il contrario...), ma purtroppo il film ricalca fedelmente il prototipo dei film di lotta, e in maniera banale e stereotipata senza osare nel lato della parodia e della comicità assurda. La sensazione è quella di vedere un brutto film di serie Z sul wrestling, dove per un qualche motivo il protagonista è un calamaro. Né carne nè pesce: invertebrato.

ADRIANAAAAAAAAAAAAAAAAAA!
anzi.... MIYAKOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
Kawasaki, reduce del patriota e anti-catastrofico "The World Sinks Except Japan", da un film che mescola tutti i generi del cinema esistenti come "Executive Koala" e dal parrucchin-poliziesco "The Rug Cop", ecco l'ennesima, nuova, distruttiva opera del genio nipponico.

Ancora una volta, a dominare in "Calamari Wrestler" sono i pupazzi, anima dei film di Kawasaki e fulcro principali delle sue grottesche e acute visioni comiche.
"Calamari Wrestler" è un film poco riuscito, perchè è l'unico Kawasaki a non riuscire a sorprendere, a divertire e soprattutto a far ridere. E' un film demenziale che nasconde scene geniali che però non trovano la loro efficacia.

Sembra un po' come appendere ad una parete una cornice costosissima e bellissima ma senza quadro. Un film confezionato benissimo, volutamente trashissimo, eppure troppo vuoto.

Notevole, comunque, il tentativo del regista di nascondere nel demenziale tematiche delicatissime e profonde, come l'accettazione, la xenofobia, l'amore. Temi che dovrebbero affrontati con serietà, ma che con un colpo di genio vengono risolti con il ridere. Senza ridicolizzarli. Da qui, il 6