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E con questo chiude la sua trilogia proustiana narrante la sua infanzia tra cinema e prime pulsioni di alienazione riconducibili alla scoperta dell'omosessualità, il tutto su spensierato sottofondo musicale a determinare i costumi festivi del proletariato.La delicata sequenza del bambino che osserva dalla finestra gli operai lavorare con tanto di occhiolino di uno di questi al fanciullo trova la genesi ambivalente nel rapporto uomo-bambino nell'esordio tarkovskijano 'Il rullo compressore e il violino'.Risulta molto più ermetico il linguggio narrativo in confronto al precedente 'Voci lontane… sempre presenti' si sofferma in lunghi piani sequenza,questo più dickensiano attraverso immagini non parole rievoca il primo contatto con una realtà diversa, scopre la sua natura che rimane sorda all'esterno.E di tarkovskijano è anche il linguaggio poetico della memoria,criptico, sconnesso e umorale impossibile non trovare tratti di 'Lo Specchio' nella composizione dell'opera, questa coerente al midollo nell'accompagnamento melodico e malinconico della colonna sonora che fa da trait d'union tra i personaggi e assurge a lessico sostituendo il dialogo.