All’inizio del XX secolo, la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio. Una storia d’amore e tradimenti, delitti e misteri in un intrigo avvincente per la scoperta della verità.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
Sotto molteplici punti di vista, l'ultimo lavoro di Martin Scorsese può essere letto come la diretta conseguenza di The Irishman: quattro anni fa abbiamo assistito a una presa d'atto di Scorsese della propria mortalità (e della fine di un genere che lui, analogamente ad altri maestri della ruggente New Hollywood, ha contribuito a plasmare); in Killers of the Flower Moon udiamo il ruggito di un leone che, accettata l'idea del tramonto dietro l'angolo, non può far altro che rispondere all'urgenza di continuare a raccontare grandi storie. E i lati oscuri della Storia. Con virtuosismi registici da mozzare il fiato, Scorsese tira i fili di un grande romanzo visuale cupo e travolgente, che emana la classicità di sguardo e la voglia di fare iconoclastia del mito americano tipica delle epopee di George Stevens. Il cast è meraviglioso, persino nei ruoli secondari caratterizzati in maniera maniacale: DiCaprio stupisce come antesignano inetto del Ray Liotta di Goodfellas; De Niro è sgradevole come non mai e continua a beneficiare di quella "cura Joker" che lo ha riportato a livelli altissimi (imperdibile l'omaggio a Gli Intoccabili); Lily Gladstone è la rivelazione del film, un prisma di emozioni che dà i brividi. Thelma Schoonmaker ci regala il montaggio dell'anno, tre ore di pura godibilità come non se ne vedevano da tempo. Rodrigo Prieto scolpisce volti ed espressioni con l'impeto drammatico del miglior Caravaggio. Il finale può suonare ricattatorio, quando in realtà è il tributo più bello all'arte cinematografica e un j'accuse memorabile.