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Grande film di Litvak, una rappresentazione della malattia mentale avanti per il periodo, sia per l'empatia con cui è trattata la tematica, sia per la messa in scena, fresca, virtuosa, capace anche di divagare in belle sequenze oniriche, è un film che mostra fin dall'inizio un punto di vista molto soggettivo, quello della protagonista, in cui lo spettatore non ha idea del suo passato, come esattamente non ne ha idea lei stessa per via della sua malattia mentale, una Olivia De Havilland che mostra ancora una volta tutta la sua bravura nel tratteggiare un personaggio che sulla carta dovrebbe essere sopra le righe ma che lei rende di un'umanità e realisticità incredibile, con anche alcune sequenze spezzacuore, una ricostruzione tramite i vari flashback, i vari racconti che porta ad indagare sui traumi passati, sulle cause della malattia, sull'insorgenza, raramente nella Hollywood classica si è visto un approfondimento così accurato sul tema.
Allo stesso tempo è anche un film che mostra una critica non troppo velata verso il sistema sanitario e il suo trattamento nei confronti dei malati mentali, era un periodo in cui veniva ancora usato l'elettroshock, i medici e gli operatori sanitari sono spesso mostrati come poco empatici, la stessa commissione che valuterà lo stato di Virginia prende un atteggiamento quasi derisorio nei confronti della protagonista e delle sue problematiche, è un film doloroso in cui i malati mentali sembrano lasciati a se stessi, costretti a consolarsi gli uni con gli altri, come si vede nella bellissima scena di complicità tra Virginia e l'altra malata mentale considerata instabile e aggressiva, riuscendo a calmarla con pochi gesti di gentilezza. Però vi sono anche degli elementi positivi anche all'interno del sistema, lo stesso dottore che prende a cuore il caso di Virginia e la aiuterà a risolvere il problema a monte, buona parte della narrazione si dedica proprio a questo, con una cura dei particolari incredibile, fatta di flashback che arrivano fino all'infanzia di Virginia e alle origini del suo trauma, causato dal senso di colpa, dato dalla morte del padre e da un rapporto conflittuale con le figure dei genitori fino ad arrivare alla sua gioventù in cui incontra uomini che le ricordano il padre, dall'ex fidanzato autoritario che morirà tragicamente a quello attuale che ne prende i tratti dolci, uno scavare che aiuta la protagonista ad andare verso la risoluzione ed incominciare una nuova vita.
Grande lavoro registico di Litvak che oltre ad accrescere la componente realistica-empatica, mostrando la realtà delle strutture senza troppi fronzoli, senza aver paura di mostrare i malati a bivaccare, le crisi e molti altri elementi che potevano shockare il pubblico, almeno del periodo, aggiunge anche una componente surreale di incredibile valore, come può essere la scena narrata da Virginia, in cui parla appunto di questa fossa di serpenti, con la camera che si alza e mostra un totale della struttura sospesa nel vuoto, o ancora le visioni della protagonista dopo il colloquio andato male, momenti che probabilmente hanno avuto anche una discreta influenza per le opere a venire - mi viene in mente "Shock corridor" di Fuller -