A Glasgow, il 24enne Robbie, da poco diventato padre, trova nella visita ad una distilleria di whisky l'idea per una nuova carriera lontano dal crimine e una via poco ortodossa per una fuga dalla povertà.
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D'accordo, niente di trascendentale. Però, accidenti, quanti altri con un canovaccio semplice semplice come sceneggiatura, senza neanche darsi la pena di approfondire poi molto i suoi personaggi, riesce a trarne un film godibile e accattivante come questo? Loach dà l'idea di essere arrivato al punto di riuscire a dirigere un film con una mano mentre con l'altra mescola il risotto per la cena. E non è una critica, beninteso. Anche in questo è un porsi allo stesso livello di chi si sta raccontando, di quelli ai margini, per non dire oltre, di una società che li genera, ma non li riconosce come propri figli. Sapersi appropriare di un punto di vista e trasmetterlo con leggerezza, magari travestito da burla, è un altro bel modo di fare il suo mestiere.
Non è uno dei migliori di Loach ma è pur sempre lui. Probabilmente Loach ha cercato di non rimanere stilisticamente prigioniero di un certo tipo di cinema e ha provato un genere che apparentemente non gli sarebbe congeniale, cioè la commedia. Invece bisogna dire che Loach è bravo a prescindere, riesce a condurre lo spettatore dove vuole con gusto, intelligenza, capacità e pathos. Quindi "La parte degli angeli" è un film ben fatto, divertente e con un semplice ma importante messaggio: tutti noi, anche i più sfigati e i più compromessi, abbiamo qualcosa che vale. Loach con questo film cerca di imbastire qualcosa di positivo, dare speranza, offrire vie di uscita. Ai sottoproletari, protagonisti dei suoi film, vuole dire di scrollarsi di dosso il senso fatalistico di sconfitta, la rassegnazione alla violenza e all'abbrutimento. Vale la pena scommettere su se stessi, tentare un'integrazione nel sistema, se non altro per vivere in maniera dignitosa e rispettosa di se stessi e degli altri. Bisogna sempre e comunque scegliere l'intelligenza e la tenacia alla vendetta e al parassitismo, non si può che migliorare. Loach quindi lascia da parte per una volta i meccanismi perversi di sfruttamento, trascura in parte il sociale per dedicarsi prevalentemente all'individuale. Questo può fare storcere la bocca a qualcuno, comunque è un dato reale e decisivo nella vita della gente e quindi fa bene Loach a rappresentare dei modelli e a indicare vie d'uscita. Molto per Loach dipende quindi dalla reale volontà che ha una persona dal togliersi da brutte situazioni. Gli aiuti sono decisivi e utilissimi (il personaggio di Henry, la moglie del protagonista) ma è ogni singola persona che è responsabile, che deve volere e sapere come cambiare la propria vita. Il finale infatti fa vedere che la stessa situazione non è positiva per tutti, le occasioni vanno sapute sfruttare. Il protagonista è l'unico che capisce il valore del denaro (un mezzo per costruirsi una vita felice e serena con si ama di più), i suoi amici no (lo vogliono usare per sbronzarsi). I mezzi usati per ottenere questo denaro poi non sono dei più "onesti" è vero, ma Loach non è mai stato un "politically correct". Ciò che conta è che chi sta in basso possa riscattarsi, crearsi una propria identità corretta e saper vivere. Il personaggio del protagonista è l'unico psicologicamente ben sviluppato e completo, gli altri sono un po' abbozzati (ma questo è tipico dei film di Loach). Comunque l'importante, come detto, è diffondere un messaggio e anche stavolta Loach ha compiuto egregiamente la sua missione.