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Una pellicola disturbante oserei dire. Soprattutto quando espone senza censure verità fondatissime della natura umana, sulle quali tutti noi, legati come da un accordo silenzioso, stendiamo un velo d'omertà onde evitare spiazzanti (imbarazzanti) riscontri. Quest'arduo odiosissimo compito è affidato al personaggio di Greenberg (bravo Ben Stiller, ma è davvero una novità?). Un pesce in agonia, schizofrenico, snob, tragicamente insicuro. Sfugge clamorosamente alla comprensione altrui, ne soffre e se ne bea al contempo. Dall'altra parte c'è Florence (alias lo spettatore), presa poi mollata, maltrattata ma affascinata. Inciampa in questa relazione scapestrata e per molti versi autodistruttiva. Non può farne a meno, sa che altrimenti sarebbe sopraffatta da una sgradevole sensazione, quella d'essersi persa qualcosa di vitale importanza. C'è un Ulisse occasionale in ognuno di noi, meno furbo, meno previdente. Baumbach, meglio come sceneggiatore che come regista, tocca corde scomode e lo fa con apprezzabile concisione. Alla fine resta il dubbio. Dire quello che si pensa, sempre e comunque, è poi questa tanto acclamata qualità? Non sarà che la sincerità è sopravvalutata?