Una sceneggiatrice televisiva dal carattere alquanto schivo e riservato, vive solo per il suo lavoro e per la sua grande ossessione: l'opera del celebre compositore Ludwig Van Beethoven.
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I film per Battiato non devono raccontare storie, non devono esprimere le psicologie dei personaggi e non devono contenere scene di violenza e sesso. Sono immagini che procedono e arrivano allo spettatore così come il suono della musica arriva alle orecchie di un ascoltatore. Una volta chiarito questa sorta di "dogma", si può cercare di interpretare Musikanten. A me è sembrato il tentativo di tradurre, in immagini, i versi di Povera patria: l'idea di riportare rigore ed etica in una società che invece sta prendendo tutt'altra direzione. Beethoven dovrebbe essere uno dei modelli di riferimento. In realtà, anche se il personaggio è davvero piacevolissimo, assomiglia più al Freud del Sogni d'oro morettiano che ad un'autorità morale da prendere ad esempio. In tutto il film cogliamo spunti del classico Battiato: cosmogonia, misticismo, fisica quantistica. Entra tutto, ma in maniera accessoria. E alla fine non si capisce perchè fare un film, anzichè un libro o un altra forma d'arte per esprimere tutto ciò: visto che non vi alcun utilizzo, estetico o funzionale, dell'immagine. A questo punto valeva la pena essere ancor più coraggiosi e spingersi verso una nuova forma di film anche dal punto di vista estetico. Sicuramente ci riproverà. Sgalambro oramai può tranquillamente condurre il festival di Sanremo: factotum!