Fred, il ribelle del gruppo della BPM (Squadra Protezione Minori di Parigi), s'invaghisce di Mélissa, fotografa incaricata dal ministero dell'Interno per realizzare un reportage sulla squadra.
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Maiwenn l'avevo conosciuta nel film "Alta Tensione" (che amo, ndr pardon) ma mai avrei pensato che potesse dirigere nonché recitare nello stesso film, tra l'altro di queste dimensioni. E così mi sono incuriosito, e dopo aver letto di cosa parla non ho potuto non procurarmelo. Viene data luce alla routine della Squadra della Protezione Minori, ogni membro ha un ruolo a sé stante, ed è da lodare che ognuno sia un personaggio vero con le proprie angosce e con i propri sentimenti umani... insomma, non un semplice sbirro. Scopriamo che è un duro lavoro, che anche in questo settore si può sbagliare ma essere lo stesso umani (vedasi la scena DA OSCAR dello smartphone, o anche lo sfratto dalle roulotte) e che si rischia la morte ogni giorno. Abbiamo una carrellata di pedofili, scopriamo che ognuno è "mostro" a modo suo, e c'è anche il pedofilo che ama. Ci commuoviamo nella parte della madre che cerca aiuto, sacrificherebbe se stessa per il figlio piccolo il quale piange come un forsennato, un inframezzo talmente vero che non sembra più un film. Le sorprese non finiscono, veniamo sconvolti nella scena del parto, e afferriamo il dolore estraneo dal mondo della madre. E quando arriva il finale non possiamo nemmeno dire di aver visto un film dalla regia "semplice", poiché in effetti lo stile è molto documentaristico e distaccato, ma non possiamo dirlo perché poi ci troviamo davanti questo montaggio maestrale che fa piangere. Bravò, Maiwenn, chapeau.