public access (1993)

Purtroppo film di questo genere, d'intrattenimento e low budget ma con un'identità e anti-commerciali, non esistono più. Il taglio mistery di PUBLIC ACCESS è decisamente interessante e il concept riesce a riprendere il tema dello speaker radiofonico, il cui è costante la critica dell'esistenza di indicibili bassifondi sociali, rielaborandolo in un soggetto del tutto originale, dallo spirito underground e quasi surrealista che, appunto, era facile trovare nei film televisivi di una volta.
Bryan Singer, all'esordio, già sapeva il fatto suo, per quanto la carriera lo indirizzerà per strade totalmente diverse.

Già dal suo primo film Singer dimostra di avere in mano il mezzo cinematografico ed infatti le inquadrature e le atmosfere contano di più di una storia dai contenuti abbastanza nebulosi ed anche affrettata nel suo svolgimento. Non mancano passaggi misteriosi che suscitano interesse - come la prima trasmissione dell'enigmatico Whiley Pritcher volta a sfidare letteralmente lo spettatore - ma il gioco resta in superficie e la pellicola finisce per essere considerata, anche per il budget non certo faraonico a disposizione, alla stregua di un esercizio di ( accattivante ) stile registico. Poco male, con il successivo "I soliti sospetti" il regista imporrà al mondo il suo talento.

Film di una noia mortale: si arriva a fatica al finale nonostante duri poco!

Bell'esordio di Brian Singer, ennesimo regista promettente partito dal cinema indipendente, scaduto poi miseramente dopo un paio di belle pellicole.
"Public Access" è un film molto inquietante, forse un po' lynchano, ma che è capace di tenere sulle spine dall'inizio alla fine ponendo continuamente domande allo spettatore.
Singer farà subito dopo "I soliti sospetti" e poi, dopo un flop, si venderà a hollywood e agli effetti speciali.