red rocket (2021)

Commedia agrodolce a tinte drammatiche di Sean Baker.

Generalmente mi piacciono molto i film ambientati/sulla vita di provincia americana, e questo non delude.
Si passa dai toni da commedia scanzonata (come fosse una versione più adulta e matura di Clerks di Kevin Smiths) a risvolti più cinici, amari, drammatici e disincantati. Coloratissima e satura la fotografia (sembra a voler ricordare, letteralmente le glassature dei donuts, indirettamente coprotagonisti di un paio delle scene chiave del film ed, al contempo metafora di un'apparenza volutamente sgargiante e sopra le righe).
Come già notato, l'abilità del regista sta soprattutto nel rendere inizialmente gradevole, al limite anche simpatico, un protagonista dall'apparenza sempliciotta e sfig.ata, che si rivela in realtà opportunista e calcolatore.
Anche se non aggiunge spunti particolarmente nuovi o interessanti, merita perché le oltre due ore filano via lisce senza pesare ed intrattiene ottimamente.

Baker continua sul racconto degli Usa derelitti della provincia che vive di espedienti dopo "Un sogno chiamato Florida". Il tentativo è quello di illuminare vite ai margini di un paese di cui ci viene mostrata sempre e solo la glassa (è proprio il caso di dirlo) e molto raramente ciò che si cela sotto la glassa. A ben vedere però è l'ennesimo (e francamente un po' inutile) canto del sogno americano sempre e comunque all'opera: occasione di riscatto, riprovarci, ripartire con il chiodo fisso dell'imprenditoria anche se sullo sfondo di un egoismo sessuale infantile. Il tutto condito da quel poco sopportabile tono da commedia di schizzati che già non mi aveva fatto apprezzare il suo film precedente.

Sean Baker firma un bellissimo ritratto della provincia americana, e lo fa dirigendo benissimo il cast, su tutti Simon Rex. Una commedia amara, molto amara, dalle tinte drammatiche, con un'estetica che rimanda ai quadri di Edward Hopper. Un piccolo gioiellino del cinema indipendente americano.

Dramedy dai toni chiaroscuri, non originalissima nel trattare il tema del sogno americano andato in frantumi, ma abbastanza interessante nel suo contesto, ben diretta e interpretata al meglio da un cast credibile e preciso. Personaggi, e ambienti, che rasentano lo squallore esistenziale di vite vuote, che si trascinano e barcamenano tra sogni e illusorie velleità di successo e cambiamento.
Non un capolavoro ma un prodotto discretamente dettagliato che intrattiene e convince.

L'incubo americano da una prospettiva borderline (quella d'un ex-pornostar): già visto centinaia di volte (Federico Pontiggia). Il film arranca "stancamente dentro percorsi prevedibili e ormai consumati" (Adriano De Grandis), "l'indagine umana appare superficiale e la ricerca estetica sembra accontentarsi di un oramai usurato immaginario indie" (Raffaele Meale). "Fiacco e inconcludente" (Andrea Chimento), la "Tavola calda" ('27) d'Edward Hopper fra "Lolita" ('55-'62) e "Boogie Nights" ('97). 5 minuti di standing ovation a Cannes: bast'associare la degradata, squallida, periferica marginalità rurale a Trump e il gioco è fatto.

Irriverente, caustica, bruciante, Red Rocket è una dark comedy scoppiettante che permette a Baker di scatenarsi in un tripudio di umorismo nero, satira sociale e intuizioni visive e narrative al limite del geniale.
I dialoghi dei personaggi brulicano di una volgarità mai spettacolarizzata, ma straordinariamente espressiva di una condizione che Baker fotografa con lucidità. Quella della sconfitta, morale, sociale, esistenziale

A mio avviso "Red Rocket" è più un film drammatico, che commedia. Il regista ci mostra come si possa anche empatizzare per un personaggio sgradevole e opportunista, ci sta quasi a cuore quello che gli succede. Si vorrebbe sapere di più quello che gli è accaduto prima (cercando di capire se quello che dice è la verità oppure un mucchio di fandonie) e quello che gli accadrà dopo le due ore circa della pellicola ed il perchè torna nella solare ma desolante cittadina del Texas in cui è cresciuto. Baker è bravissimo nel mostrare una realtà degradata della provincia del sud degli Stati Uniti, profondamente repubblicana. Ma l'asso nella manica è Simon Rex, conosciuto ai più come attore di film demenziali, che qui sforna il ruolo della vita, bravissimo. Caratterizzazioni ottime anche del resto dei personaggi, facce perfette per "Red Rocket".

Benchè il tono sia in apparenza leggero Red Rocket, come già il precedente Florida Project mette a nudo la fallacità del sogno americano. Un ex pornostar di successo, caduto in disgrazia e che ritorna nel natio Texas, per rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Ma ricominciare non è facile visto il cattivo rapporto con la moglie e soprattutto con la suocera e per sbarcare il lunario svende erba per una spacciatrice locale. Anche vero che il protagonista non si può dire che sia uno stinco di santo. Il ritorno in Texas è il modo per poter tornare in auge adescando una ragazza locale, manipolandola sul suo talento di futura pornostar. La chiave per poter ritornare trionfante a Los Angeles. Red Rocket è un cortocircuito tra la desolazione della cittadina texana e rapporti in cui i sentimenti ci sono ma messi in secondo piano rispetto a bisogni superiori. Simon Baker è straordinario in questo film. Apparentemente candido e maldestro quanto cinico e calcolatore. Baker con Red Rocket fa un ulteriore passo avanti dopo il riuscito Florida Project e sicuramente è uno dei registi indipendenti americani da tenere d'occhio.