the survivor (2021)

La storia di "Harry Haft" pugile di origini polacche ricordato non per i suoi rendimenti sportivi ma per essere sopravvissuto agli orrori dei campi di concentramento nazisti. La storia inizia con il protagonista che vive già in America ed il suo drammatico passato viene raccontato attraverso una serie di flashbacks con l'indovinato utilzzo del bianco e nero che ricrea l'atmosfera di "Schindler's List" di Spieberg. Ben Foster è bravissimo ed offre sicuramente una delle sue migliori interpretazioni in assoluto. Nel cast di contorno John Leguizamo, Peter Sarsgaard ed un simpaticissimo Danny DeVito. La parte principale della vita di Haft viene ripercorsa nella pellicola omettendo sapientemente alcune parti "scomode" e romanzandone altre, comunque un bel film.

Un buon film anche se non è stato capace di emozionarmi.

Buon film più profondo e riflessivo di quando pensavo all'inizio .
Un uomo tormentato dai demoni della guerra e di conseguenza dai suoi personali Ottimo Foster ( quasi un De Niro moderno nel ruolo del pugile).
Sceneggiatura un pò ripetitiva , forse poteva durare un pò meno .

Un film solido e duro diretto con mano classica dal veterano Levinson. Nel suo ultimo libro Primo Levi formulò un'antropologia generale suddivisa tra "I sommersi e i salvati": perché "salvati"? Semmai appunto sopravvissuti, oppure "galleggianti". Levi apparteneva alla seconda categoria e ne provava una vergogna squassante, un insulto ai propri valori etici. La storia d'Harry Haft assomiglia molto alla sua, perciò, tra martello e incudine, Harry sceglie il martello pagando il prezzo d'una vita traumatizzata. Le similitudini con "Toro scatenato" (Scorsese 1980) sono inferiori a quelle con "Il cacciatore" (Cimino 1978): i duelli sono fratricidi, l'esistenza è infernale anche senza nazisti (l'incontro con Leah avverà solo quando lei sta per morire di tumore), e "God Bless America" è il canto corale che suggella ambedue i film (qui però cantata in yiddish).

Martello o incudine? A te la scelta"
La vita di Harry Haft, pugile di non grande valore a livello professionistico, ma che dal pugilato nel contesto del campo di concentramento di Auschwitz trovò la chiave per sopravvivere. Sollazzare i tedeschi attraverso l'incontri di pugilato che significavano la vita per lui, ma la morte per gli avversari. Il film bilancia in maniera equilibrata il bianco e nero del campo dove lo stimolo a fare determinate scelte era quello di riunirsi con la ragazza che amava, il vero stimolo di scelte che a livello etico sono controverse, ma che all'interno di quell'inferno si possono considerare legittime. Il suo presente è scandito sempre dalla boxe ma non è per fama o successo in fondo, ma ottenere una visibilità per ritrovare la ragazza che aveva amato e l'incontro con Marciano era una ottima vetrina. Ben Foster offre probabilmente una delle sue migliori interpretazioni, attuando una sorta di aderenza al personaggio come il De Niro di Toro Scatenato. Un uomo oppresso dai propri sensi di colpa, che ha vissuto quell'oscurità e che in fondo vuole solo sapere se ne era valsa la pena per trovare una pace interiore. Levinson offre una buona regia di pregio per un lavoro di tutto rispetto, ben equilibrato e giocato sulla ottima prestazione di Foster.