E’ sempre triste assistere ad un riciclaggio di sex symbol. Veder sul grande schermo i divi di ieri, vecchi e malfunzionanti, rimpiazzati dai bellimbusti in materiale ecosostenibile di oggi.
Ma è ancor più triste quando il figaccione di un’epoca fa, che la morte anticipata non ha consegnato alla storia avvolgendolo di un’aura sempiterna, e che solo sullo sguardo da piacione, la natica d’acciaio ed il pettorale in tensione tracimante sudore aveva costruito la fama, non prende atto della propria data di scadenza, ostinandosi imperterrito a ricoprire il solito ruolo.
La sindrome di Peter-pan in video è presto smascherata e lascia strascichi di profonda desolazione, quando un primo piano ravvicinato svela inesorabile la caduta libera delle rughe facciali o al contrario, i solchi gonfiati dalle punturine di botox.
George Clooney per correre ai ripari ha optato recentemente per un lifting testicolare, mentre
Bruce Willis spera ancora che il luccichio della fallica pelata basti a distrarre dalle scene d’azione acciaccate in
Die Hard numero 5.
Harrison Ford e
Michael Douglas appartengono ad un’altra generazione ed ultimamente trascorrono le giornate in ospizio, ma all’età di
Tom Cruise (freschissimo di imprese mirabolanti in
Jack Reacher), inseguivano le Missioni impossibili seducendo acerbe fanciulle, mentre alle attempate coetanee e partner femminili toccava interpretare regine del focolare e mogli cornute.
E persino
Allen, che bello non è mai stato, fino a qualche anno fa ci faceva credere fosse possibile soddisfare una
Téa Leoni in
Hollywood Ending, capendo finalmente alla soglia dei 70 che forse non era più il caso di continuare.
Diamo dunque tempo a
Richard Gere di acquisire un minimo senso del ridicolo e provare (non è mai troppo tardi) a svincolarsi dalle tenaglie dello star system che lo vorrebbero tuttora protagonista di scene bollenti. In
Arbitrage, sveste i panni di un magnate della finanza immischiato in giochi di sesso e potere. I capezzoli sono orecchie da coker, l’aria è stanca e affaticata (complice forse la dieta vegetariana buddhista), e proprio non gli riesce più di sollevare Letitia Casta come l’operaia di Ufficiale gentiluomo.
Schemi ripetitivi, ad Hollywood come a casa nostra, a cui siamo abituati da tradizione secolare, ma che ultimamente hanno assunto una piega “Inevitable”, per usare lo slogan Chanel pronunciato da
Brad Pitt (uno dei pochi che sopravvive grazie al talento recitativo più che ai ruoli da macho).
Anche se abbiamo avuto
Amour a sensibilizzarci sull’amore all’ultimo stadio della vita e le dimissioni del Papa, che hanno lanciato un messaggio di speranza sul mettersi da parte, il mito della falsa giovinezza spinge per restare al potere.
E il 25 febbraio sapremo se l'Italia girerà l'ennesimo sequel de
La morte ti fa bella.