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Diretto dal regista abbastanza sconosciuto ai più Roberto Cimpanelli (a dire il vero, nel 1996, da lui fu diretto l'originale "Un inverno freddo freddo"), "Baciami piccina" è un onesto omaggio a un cinema d'altri tempi, lontano per avvenimenti e stile.
Road movie, viaggio iniziatico, allegoria del passaggio dal torpore di sentimenti e ragione alla maturità, il film vede come protagonista a tutto tondo il giovane e un po' ingenuo carabiniere Umberto Petroni alias il camaleontico Neri Marcorè. L'attore è indubbiamente capace di un grande eclettismo, passa con disinvoltura da Alberto Angela ad Albino Luciani e sembra avere il giusto physique du rôle per i personaggi cinematografici del passato grazie all'aria svagata da ragazzo perbene di altri tempi.
Coprotagonista graffiante, iperattivo, iperpresente e logorroico il napoletano Vincenzo Salemme, attore uscito dalla solida scuola di Eduardo, qui nel ruolo del truffatore da strapazzo ex attore, personaggio di diretta discendenza dal mattatore Gassman e dai due guitti Totò e Nino Taranto.
Tra i due la dimessa Elena Russo, fidanzatina del carabiniere, silenziosa e poco presente, come la propaganda fascista imponeva alle donne, il cui unico e giusto ruolo risultava essere quello di spose e madri esemplari.
Il viaggio dei tre parte in una giornata particolare, il sette settembre 1943 vigilia dell'armistizio, tragico capovolgimento di una guerra esausta.
Nel cammino verso la consapevolezza i tre si imbattono in un'umanità dolente o boriosa (il commendatore interpretato da Marco Messeri, da sempre caratterista sanguigno, da buon toscano). Il richiamo al film interpretato da Alberto Sordi "Tutti a casa è inevitabile, anche in quella pellicola, il protagonista in principio tenace e stolido esecutore di ordini si trasforma via via fino a giungere alla maturità di una scelta di vita, ma se Sordi procedeva verso Sud in una fuga folle e disperatissima, il carabiniere Marcorè è fermamente deciso a raggiungere Venezia per tradurre agli arresti il suo prigioniero e mentore Salemme.
La ricostruzione di ambientazioni ed eventi risulta essere puntuale e precisa, grazie anche alla sceneggiatura firmata da Furio Scarpelli, uno dei padri della commedia all'italiana, ma si ravvisa una buona dose di manicheismo nella rappresentazione del soldato tedesco ottuso e glaciale contrapposto alla passionale umanità italica.
Sordi e un suo film ("La grande guerra" in questo caso) sono citati a piene mani in una delle scene chiave del film, complice un Vincenzo Salemme in chiave drammatica. Regista e sceneggiatori nel rievocare un episodio storico da molti considerato tabù (uno dei pochissimi film che rievoca i fatti di quelle giornate è appunto il "Tutti a casa" interpretato da Sordi) hanno tentato a loro maniera di far conoscere alle nuove generazioni il caos mentale e spirituale di quei giorni simboleggiato da chi, come il carabiniere protagonista della pellicola, ha saputo togliersi la divisa di una ideologia per cercare una nuova strada e una nuova coscienza.
Bello il messaggio trasmesso dalla storia e bravi gli interpreti maschili (brava anche la cantante Tosca in un cameo musicale), peccato però che le idee siano state sviluppate con tono minimalista perché diversamente la pellicola avrebbe sicuramente incontrato migliore fortuna. Il suo attuale destino è quello di restare silente in attesa di diventare una piacevole scoperta, ma chissà forse è persino meglio così.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 17/11/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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