Recensione bandhobi regia di Sin Dong-il Corea Del Sud 2009
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Recensione bandhobi (2009)

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locandina del film BANDHOBI

Immagine tratta dal film BANDHOBI

Immagine tratta dal film BANDHOBI

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Immagine tratta dal film BANDHOBI
 

Karim, un immigrato del Bangladesh che lavora in Corea, incontra Min-seo, una studentessa dal difficile rapporto con il compagno della madre, che fa lavoretti per pagarsi gli studi.
I due diventano amici a dispetto delle diversità culturali, risvegliando in tutti quelli che li circondano un'ambivalenza che finirà per interferire nei loro rapporti.

Giocato principalmente sul filo dell'illegalità come stile di vita, il film è imperniato sul difficile rapporto tra Karim, un immigrato del Bangladesh, e Min-seo, una ragazza che per mantenersi agli studi lavora part-time come accompagnatrice.
Il razzismo strisciante che viene svelato a tratti, e quasi sempre soltanto attraverso i gesti delle persone coinvolte, è l'elemento di maggior spicco all'interno di una storia sulle differenze culturali e sulla difficoltà di superamento delle principali incomprensioni tra persone assai diverse.
Se Karim ha i suoi problemi a farsi pagare, in un sottobosco dove il lavoratore immigrato viene in primo luogo sfruttato, è vero anche che Min-seo ha grosse difficoltà a gestire il rapporto di sua madre con un uomo che lei non stima, e a finanziarsi gli studi di inglese tramite lavoretti al limite della legalità.

I due sono certamente in una situazione di condivisione circa la percezione del mondo come luogo ostile e di difficile vivibilità, ma partono già col piede sbagliato al primo incontro: Min-seo si impossessa del portafogli caduto al giovane e lui, scoperta la cosa, tenta di portarla alla polizia.
Il lungo percorso da questo punto all'amicizia è interamente disseminato di incomprensioni e di mancate condivisioni. I due non hanno nulla in comune, lei si vergogna persino di camminare per strada insieme a lui, e i suoi goffi approcci sessuali finiscono per confondere il giovane e farlo scappare.

Il colore della pelle, così come la religione, finiscono per diventare barriere insormontabili proprio per tutto l'affannarsi dell'intera società a negare questa realtà, mascherandola con le buone maniere e i tentativi di glissare di fronte alle più ovvie incomprensioni.
La famiglia di lei non riesce a comprendere e sarà questo conflitto a far da detonatore all'affetto che Min-seo aveva faticosamente espresso in precedenza con modalità per lo più incomprensibili al ragazzo.

Girato con una fotografia pulita e con mano impietosa il racconto ci svela un insospettata difficoltà di superamento delle barriere culturali, anche in una società che si percepisce a buon punto nel proprio cammino verso un modello globale di sviluppo. Interpretato dall'attivista Mahbub Alam Pollob, Karim ha tutta la rassegnata sottomissione del lavoratore migrante insieme alla fiera appartenenza a una religione che attualmente stimola non poche perplessità in molte parti del mondo.
La star emergente Baek Jin-Hee interpreta con una grossa dose di determinazione la parte di Min-seo, donando al personaggio molte sfumature di incerta ambiguità e qualche bel momento di sana condivisione umana.

Le ombre tra i due sono quasi sempre di natura culturale, e l'incontro lascerà nelle loro vita tracce la cui vista sarà possibile soltanto in prospettiva.
Nel frattempo la violenza di cui pare siano afflitte le vite dei giovani coreani è qui generosamente offerta anche agli anelli più deboli della loro fiorente economia, quel sottobosco di lavoratori migranti il cui apporto rimane vitale ma quasi mai viene riconosciuto.

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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 29/03/2010

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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