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Il quarantottesimo lungometraggio dei Walt Disney Studios è il secondo, dopo l'ottimo I Robinson, ad uscire da quando John Lasseter, fondatore della Pixar, ha preso le redini creative di una Disney ormai in crisi profonda, senza più magia, costretta a rincorrere i modelli vincenti di Pixar e Dreamworks, incapace di uscire dal solco tracciato nel lontano '39 da zio Walt con Biancaneve.
E' noto che Bolt ha avuto una gestazione difficile, con cambio di regia e di script in corso, dovuti proprio all'intervento di John Lasseter, che ha tolto il progetto a Chris Sanders (Lilo e Stitch) per divergenze creative. Non ci si può però lamentare del risultato finale, anzi, benché resta la curiosità per quello che avrebbe potuto essere Bolt in mano al regista in grado di regalarci l'ultimo personaggio Disney veramente azzeccato dai tempi de Il re leone.
La trama: Bolt (voce di John Travolta nell'originale, da noi un buon Raul Bova) è un cane dotato di superpoteri fantastici con i quali protegge la piccola Penny durante la ricerca del padre della bambina, rapita dal malvagio dr. Calico. Bolt è però l'unico ad ignorare di essere la star di una serie televisiva di successo: ogni sera, Bolt viene lasciato solo sul set affinché non scopra di essere in una finzione, finché, quando per la prima volta un episodio della serie viene concluso con un cliffhanger (Penny rapita) invece che con un lieto fine, Bolt fugge dal set nel tentativo di salvare la sua padrona. Al primo tentativo di utilizzare i suoi superpoteri, Bolt perde i sensi picchiando la testa e al risveglio si ritrova dall'altra parte degli Stati Uniti, solo, inconsapevole di essere un normalissimo cane e terrorizzato dal… polistirolo, che crede essere la causa del suo indebolimento. Il viaggio di ritorno porterà la dolorosa conoscenza e accettazione della verità ma anche la scoperta di quanto bella sia la vita di un cane normale. Gli immancabili compagni di viaggio sono Mittens, una gatta sveglia e saccente che Bolt fa prigioniera credendola alleata del dottor Calico e Rhino, un criceto teledipendente un po' psicolabile grandissimo fan di Bolt (convinto anche lui di avere di fronte un supercane).
La struttura della trama e la risoluzione finale non provano neanche a discostarsi dalla tradizione disneyana e anche stavolta non si può fare a meno del numero musicale centrale, poco riuscito almeno nella versione italiana, che accompagna la sequenza "on the road" e lancia in qualche modo gli eventi che conducono alla conclusione. Nonostante tutto proceda sui soliti binari il film è godibilissimo e raggiunge tutti i bersagli (tranne quello di commuovere, forse, vista la prevedibilità del finale).
Ruba la scena fin dalla sua prima apparizione il criceto Rhino, vera anima comica del film, una sorta di Trekkie di Bolt, irresistibile nella sua palla di plastica (geniale la sequenza in cui, infervorato, canticchia la colonna sonora) e vagamente inquietante come tutti i monomaniaci. Gli intenti satirici e parodistici nei confronti dei film d'azione, dei film sui supereroi e sugli zombie di questa o quell'altra serie televisiva costituiscono un sottotesto gradevole per gli spettatori adulti e attenti, aumentando la dose di divertimento.
La sequenza iniziale, in cui si assiste ad un episodio della serie, è degna di una produzione Bruckheimer, un inseguimento folle (ma non mancano elementi di comicità slapstick) in cui Bolt riesce a mettere in mostra tutti i suoi poteri, cosa che tenterà con alterne fortune di replicare nella realtà in seguito. Il meccanismo di "rimonta" viene sapientemente utilizzato registicamente ogni volta che Bolt tenta di utilizzare i suoi poteri (fantastico il suo tentativo di utilizzare la super vista).
Colpisce fortemente la sequenza nella roulotte, dopo le riprese, in cui Penny tenta di tranquillizzare Bolt e di farlo giocare mentre lui, convinto di doverla proteggere, non riesce neanche a mangiare o a giocare come un cucciolo normale. Si prova davvero pena per un essere sfruttato e preso in giro a fini di lucro e si fa fatica, a meno di essere un bambino, a empatizzare con Penny, che si dispererà lungo tutto il film di aver perso il suo Bolt, ma che comunque è complice del raggiro nei confronti del piccolo quadrupede.
L'idea di fondo non è originalissima, basti pensare a The Truman Show o allo stesso Toy Story. Stavolta però il film si connota di una ulteriore vena di tristezza, se si pensa agli effetti negativi dello stress per gli animali (e i bambini) vittime dell'ingranaggio dello show biz.
La cura Lasseter funziona, dunque, anche se per il momento la distanza dalla qualità dei lavori Pixar resta abissale, non tanto a livello tecnico quanto artistico. Notevole invece la differenza di qualità dell'animazione, per fluidità e dettagli, rispetto a I Robinson ed anche la struttura narrativa è molto più coerente, laddove il precedente film, nonostante una trama più interessante, soffriva di alcuni passaggi a vuoto.
In ultima analisi, Bolt manca di coraggio e di elementi di sorpresa ma compensa in coinvolgimento, qualità tecnica e divertimento intelligente e distante dalle banalità di certa concorrenza diretta.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 02/01/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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