Recensione cloverfield regia di Matt Reeves USA 2008
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Recensione cloverfield (2008)

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locandina del film CLOVERFIELD

Immagine tratta dal film CLOVERFIELD

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Se la mancanza di idee è alla base della crisi del cinema degli ultimi anni, è possibile che nelle nostre sale approdi un prodotto realmente innovativo? Sopraffatti come siamo dalle nuove tecnologie e dall'overdose di effetti speciali, è sempre più difficile poter apprezzare un prodotto che sappia piacevolmente impressionare.
La sperimentazione è stata confinata in un certo cinema indipendente soprattutto europeo, ma se parliamo di "Cloverfield" il discorso cambia: dietro l'apparenza di un classico disaster movie si cela un film realizzato con tecniche del tutto originali sia nella produzione che nell'operazione di maketing che lo ha preceduto.

"Cloverfield" trasporta sul grande schermo gran parte delle innovazioni che la televisione americana ed in parte europea (Italia esclusa, ovviamente) hanno prodotto negli ultimi anni. Alla base della pellicola c'è una rivisitazione delle tecniche del racconto per immagini; gli sceneggiatori di serial televisivi sono riusciti a dimostrare che non è importante cosa si racconta, bensì "il come": serie del calibro di "Dottor House", "I Soprano", "Desperate Housewives", "Ally McBeal", "Lost" o "Alias" dimostrano che è possibile riproporre vecchie formule - le vicende di un ospedale, di uno studio legale o di una famiglia mafiosa - semplicemente proponendo un nuovo linguaggio, intrigando il pubblico con personaggi complessi e ricchi di sfaccettature.
In questo campo J.J. Abrams rappresenta sicuramente la figura più rappresentativa e incisiva di questo rinnovamento: ad Abrams dobbiamo infatti serie come "Alias" e "Lost", quest'ultimo diventato, grazie ad un sapiente dosaggio di marketing azzeccato e sceneggiatura sapiente, un prodotto capace di stimolare la curiosità del pubblico diventando un vero e proprio fenomeno di costume paragonabile al "Twin Peaks" di Lynch e Frost.

J.J. Abrams, affidando la regia al giovane Matt Reeve, applica a "Cloverfield" gli elementi che hanno portato al successo "Lost": personaggi credibili, storia misteriosa e soprattutto una campagna promozionale che è stata alla base del successo della pellicola.
Finti servizi giornalistici, trailer appassionanti ed assoluto riserbo hanno creato intorno a questo film un alone di mistero che oltre ad aumentare l'attesa, ha dato vita a fan club ed all'apertura di siti internet interamente dedicati al film.

Completamente girato in digitale, creando un effetto finto amatoriale, "Cloverfield" narra le vicende di un gruppo di giovani che si riuniscono per festeggiare un amico.
L'inizio del film è una riproposizione quasi perfetta di una festa tra amici ripresa da un videoamatore: scherzi, battute e prese in giro; il tutto risulta essere molto credibile grazie anche ad un attenta carterizzazione dei personaggi.
La seconda parte può essere identificata nel momento dell'attacco alla città: gli invitati della festa si riversano in strada, mescolandosi alla folla delirante, sotto lo sgretolamento dei grattacieli colpiti dalle fauci del mostro.
In questo frangente del film Abrams e Reeves creano una perfetta riproduzione di una città sotto assedio con evidenti analogie ai veri filmati amatoriali della New York del 11 settembre 2001, ricreando un perfetto effetto realismo. Dopo queste due parti ben distinte si procede per sottrazione, proprio come in "Lost": il film non svela immediatamente le motivazioni dell'attacco, riuscendo a creare un coinvolgimento emotivo quanto mai efficace.

"Cloverfield" è stato accusato di essere una finta novità in quanto, a parte la classica ricetta del disaster movie, la scelta di proporre una sorta di "cinema-realtà" risulta avere in "The Blair witch project"o nel nostrano "Cannibal Holocaust" illustri precedenti. Se queste critiche risultano essere in parte fondate, va detto che la vera innovazione di "Cloverfield" non risiede solo nell'effetto realismo di una rappresentazione finto-amatoriale, quanto piuttosto nel raccontare un disastro non dal punto di vista degli addetti ai lavoro o dell'eroe di turno, ma da quello della gente comune, quella che nei film di Roland Emmerich era relegata a semplice sfondo della storia.

Sebbene l'effetto amatoriale crea una maggiore catarsi nello spettatore, non si può negare che ad un pubblico impreparato questo stile di ripresa potrà risultare fastidioso tramite un odioso "effetto mal di mare". Anche per questo la durata è stata contenuta in circa 80 minuti, che nonostante tutto verso il finale si fanno sentire.

Nonostante il film cada nei luoghi comuni di pellicole del genere e sia dotato di una sceneggiatura assolutamente inconcludente, "Cloverfield" resta un lavoro coraggioso, e per tale ragione il giudizio complessivo non può che essere positivo.

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Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 - aggiornata al 19/02/2008

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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