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L'autore-regista Lance Preston, alla ricerca di colpi giornalistici sensazionali, intende girare un documentario-tv all'interno di un ex ospedale psichiatrico abbandonato, di nome Collingwood Psychiatric. Si vocifera che il palazzo sia infestato da fantasmi, da veri e propri spettri, anime vaganti di alcuni pazienti folli, morti in condizioni psicofisiche spaventose. Il documentario televisivo, se attuato con il metodo di ripresa del reality, può rappresentare un vero e proprio scoop con tutti i vantaggi, anche economici, che ne conseguono.
Il regista Preston cerca dunque di realizzare un reality di grande impatto emozionale, al limite della correttezza, con l'idea anche di rafforzare il senso di realtà delle riprese, rinchiudendosi alla sera con un medium e la sua troupe televisiva all'interno dell'edificio, senza alcuna possibilità di contatto con l'esterno. La porta d'ingresso verrà riaperta solo al mattino dal di fuori da un incaricato.
La troupe è dotata di strumenti professionali ben collaudati, verificati da una lunga esperienza nel paranormale; sono apparecchi in grado di registrare voci normalmente non udibili dall'uomo e riprendere presenze terze del tutto invisibili. Vengono usati registratori di grande sensibilità, capaci di captare frequenze audio non umane e termometri di elevata qualità che segnalano brevi e improvvise variazioni di temperatura in coincidenza con il freddo apportato dalla vicinanza dei fantasmi. Un potente contatore geiger, usato per misurare le radiazioni provenienti dai decadimenti di particelle del tipo alfa e beta, rilasciate dalle entità fantasmagoriche, completa la strumentazione.
Dopo aver girato inutilmente con le telecamere per parecchio tempo, camminando perplessa nel labirintico e buio palazzo, la troupe televisiva comincia ad annoiarsi e invoca quindi a gran voce gli ipotetici fantasmi, invitandoli a farsi in qualche modo sentire. Dopo qualche interminabile istante, inaspettatamente, gli strumenti cominciano a dire qualcosa, dando inizio a una atmosfera di paure, ansie e angosce, che andrà sempre più in crescendo fino a diventare qualcosa di spaventoso.
Tutto ciò darà al documentario della troupe un carattere complessivamente ricco di originalità e suspense, di alto livello realistico, seppur queste cose rischieranno di essere da loro pagate a caro prezzo.
La cronologia del tempo, riferita alla durata del lavoro della troupe, verrà sconvolta. Quelle che dovevano essere poche ore di permanenza per gli orologi digitali situati in basso a destra dei video delle telecamere, diventeranno giorni interi, per poi a un certo punto azzerarsi come se l'evento paranormale avesse fatto precipitare tutti in un'altra dimensione temporale.
Il principale filo conduttore del film, che è insolitamente filosofico e non legato a una precisa estetica horror cinematografica, risiede nel rapporto tra le immagini della follia, intese come figurazioni-riflesso, resti di scene di vecchie inquietudini vissute nei reparti psichiatrici, e le immagini del presente reale legato alle figure umane della troupe, responsabili in qualche modo delle riapparizioni fantasmatiche perché profanatori di un cimitero inquieto, ambiguo, ricco ancora di attività spirituale e materiale di tipo paranormale.
La troupe assai motivata psicologicamente, frizzante di vita susciterà nelle anime dei semimorti inquietudini, reminescenze, proprio per il contrasto che viene a crearsi tra due stati d'animo molto diversi, quasi in opposizione. I fantasmi si fanno vivi solo dopo essere stati insistentemente chiamati, ripetutamente corteggiati, in un certo senso sedotti con la vitalità della giovane troupe.
La ricerca ossessiva da parte della troupe di un successo televisivo, di uno scoop di alto valore commerciale si pone quindi in netta antitesi con lo spirito inquieto dei fantasmi che cercano pace e serenità.
La esuberante, florida condizione mentale dei componenti della troupe entra quindi in conflitto con tutta l'atmosfera psicologica dell'ospedale, profondamente tetra, ben visibile dai muri in cui i malati scrivevano di tutto, scolpendo il loro dolore, dando testimonianza dell'abisso esistenziale in cui erano presi.
Qualcosa di quel mondo passato è rimasto in sospeso nel buio dei fatiscenti locali, colmo di un senso di colpa di origine misteriosa, alimentato da chi era preposto all'esercizio dell'ospedale o dalle istituzioni sanitarie stesse che poco o nulla hanno potuto fare per i loro malati.
Quella della troupe è dunque una violazione indegna di un mondo passato di grande sofferenza, un'irruzione che avviene per soli fini affaristici, uno spiare morboso in un ambiente di persone semimorte che hanno lasciato segni dappertutto delle loro angosce, pazienti folli, che tuttora non riescono a dormire serenamente, vagando nel nulla nelle forme fantasmatiche più diverse che sostituiscono al vecchio dolore la leggerezza evanescente dei loro nuovi corpi.
L'impossibile riconciliazione con la morte di queste entità darà senso al film facendolo uscire dalla banalità e da un'impressione negli spettatori di film già visto.
"Esp - Fenomeni paranormali" non assomiglia per niente a "The Blair Witch Project" ("Il mistero della strega di Blair") né a "Paranormal Activity", perché fa entrare in gioco una sofferenza vera, anche se solo storica, quella dei folli rinchiusi nei manicomi, di solito povera gente, indigente, con scarse risorse economiche, donando loro, seppur solo nell'immaginario, un'icona ricordo basata sulla dignità nella ricerca di una vendetta verso la troupe televisiva, che rappresenta in qualche modo il mondo civile istituzionale più generale, quello che gli ha, da sempre, emarginati o mal curati, di solito mettendo a disposizione fondi e risorse insufficienti.
La storia della vita manicomiale nel mondo occidentale è una triste storia, fatta di masse umane sepolte nel nulla per anni, una storia spesso rimossa o mal tollerata da chiunque non fosse dedito a studi del settore. I successi terapeutici degli internati sono sempre stati invalidati, vanificati dalle loro precarie condizioni di vita nel manicomio. L'idea di fare un film horror andava dunque bene, c'era già tutto il materiale pronto sul piano delle testimonianze storiche più dirette senza dover inventarsi o immaginarsi scene di vita manicomiale in qualche modo romanzate con l'alibi dell'interpretazione libera.
La pellicola è priva di ironia, come giustamente richiede un racconto che vuol far paura; è ben drammatizzata, realizzata per come effettivamente era quel mondo passato, con immagini di alta emotività, di per se stesse esplosive di un reale senza metafora. Il film per i modi magistrali con cui avvengono le riprese riesce a far paura allo spettatore, trascinandolo a un certo punto anche in quello sgomento che si prova quando si viene a conoscenza di una fetta di storia manicomiale fino a quel momento ignota.
"ESP - Fenomeni Paranormali" (in originale "Grave Encounters", ovverosia: "Incontri tombali") è l'opera d'esordio, sotto il nome collettivo di "The Vicious Brothers", dei canadesi Colin Minihan e Stuart Ortiz. I due esordiscono alla grande, dimostrando sicurezza nelle riprese, originalità nelle scene, ragionamenti fotografici di tutto rispetto e un rifiuto nella sceneggiatura di ogni forma di banalità che non sappia divertire o far piacevolmente pensare, incuriosire, incollare alla poltrona.
Non era certamente facile fare un film sul paranormale in stile reality-video che non somigliasse alla Strega di Blair o alla serie di "Paranormal Activity"; i due registi canadesi ci sono riusciti in pieno, facendo ben sperare con la loro presenza e il genio visivo che hanno dimostrato per il futuro del cinema horror.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 10/06/2011 12.41.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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