Voto Visitatori: | 6,42 / 10 (25 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 6,50 / 10 | ||
Il settimo episodio della serie americana "Fear itself" s'intitola proprio "Community", una sorta di horror (diretto da una regista, Mary Harron) che parla della permanenza di una coppia ( Bobby e Tracy ) nella nuova "comunità" in cui ha deciso di spendere il resto della sua vita.
La comunità è una specie di piccola città suburbana americana dove ogni membro deve rispettare delle regole per garantire il benessere e la serenità all'interno della stessa. Gli abitanti sembrano cordiali e i due fidanzatini interpretati da Brandon Routh e Shiri Appleby non ci mettono molto per fare amicizia con i loro vicini di casa (Phil e Debra).
Eppure la sensazione di trovarsi in una sorta di "prigione" diventa via via sempre più forte. Scoprono di essere spiati e monitorati da una comissione (composta dai membri più "alti" della comunità) e che ogni violazione delle regole viene condannata con gravi punizioni e umiliazioni. Una donna, ad esempio, sospettata di aver tradito l'uomo, viene legata ad un palo e lapidata con vari oggetti (per fortuna non pietre o cose pesanti).
Tracy avrà non pochi problemi per via della sua infertilità, perciò verrà pedinata dai membri affinché si faccia seguire da un terapista che le risolva il problema. Le regole sono ferree e vanno rispettate. L'obbligo di "partorire" (che trova alcuni elementi in comune con la pellicola "Rosemary's baby”) è legato al fatto che la comunità necessita di una prosecuzione.
Per coloro che violano la "legge" in modo grave e - ad esempio - tentano di scappare dalla comunità sono previste pene anche più gravi (sevizie, mutilazioni). Ma non crucciatevi, in "The community" non troverete alcuna scena di tortura, tutto viene solo lasciato immaginare e non c'è un briciolo del sangue che potreste trovare invece in altri episodi della serie.
Con queste premesse, vi sarete certamente resi conto che la trama è originale e ruba alcuni "elementi" anche a film come "The village" o "Truman show" (per la presenza della "telecamere" che spiano i membri ad esempio).
L'obbiettivo era quello di descrivere il senso di angoscia che si prova nello stare in una società ferrea, meccanica, dove ogni azione è regolata dalla comunità stessa e non c'è alcuna libertà. E' un po' la situazione che troviamo oggi in qualunque paesino di provincia dove le persone hanno una mentalità ristretta e non si vogliono "integrare" con il resto della società, perché si trovano bene nella ragnatela che hanno con tanto ingegno costruito.
Non mancano quindi gli aspetti di denuncia e satira che vogliono dare un'immagine simpatica e (perché no?) veritiera di una parte della popolazione. Proprio per questo motivo "la comunità" è coinvolgente, interessante, si lascia guarda senza sbadigli. E' il fascino narrativo, l'originalità della trama il suo punto di forza. Purtroppo la storia è sviluppata male, piena di buchi per via della breve durata, solo 42 minuti.
Le "motivazioni" dei personaggi vengono trascurate, non si sa ad esempio perché ogni membro ci tenga tanto alla prosecuzione della comunità (forse perché si sente a suo agio? perché l'istruzione per i figli è migliore? perché è garantito il benessere economico? chi lo sa) e alla fine si ha una sensazione di "incompleto". Un'idea abbozzata che rimane inconcludente ed inconsistente.
La recitazione dei personaggi si mantiene su bassi livelli e la regia è piuttosto ordinaria. "Community" non è di certo il migliore della serie proprio per questi difetti, ma ha il vantaggio di essere coinvolgente ed intrigante. Per cui una visione per "intrattenimento" è abbondantemente consigliata.
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Recensione a cura di dubitas - aggiornata al 28/08/2013 17.36.00
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