Voto Visitatori: | 6,95 / 10 (397 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
Gangs of New York, l'ultimo film di Martin Scorsese, ci conferma ancora una volta, se ancora ce ne fosse bisogno, che questo regista newyorkese può a ben ragione essere considerato uno dei più grandi cineasti viventi. Realizzato quasi interamente nella nostra Cinecittà romana, all'interno di set giganteschi accuratamente ricostruiti per rappresentare una scalcinata e nascente New York dell'Ottocento, il film è un affresco storico di rara efficacia, uno spaccato durissimo di una realtà, quella dell'America ai suoi inizi, che forse pochi conoscono.
Amsterdam (Leonardo Di Caprio), esce di prigione anni dopo aver assistito, bambino, all'uccisione del padre da parte di Bill il Macellaio (Daniel Day-Lewis) durante uno scontro tra bande rivali, quella dei Dead Rabbits formata dai nativi d'America e quella dei Bowery Boys formata da immigrati, due bande da sempre in lotta, l'una avversa all'immigrazione dilagante, l'altra pronta a sancire anche con il sangue il diritto a crearsi una vita nel Nuovo Mondo. Amsterdam inizia a fare la conocenza del suo nemico per studiarlo e si finge suo alleato, unendosi alla sua banda, e nel frattempo conosce anche una delle prostitute di Bill, Jenny (Cameron Diaz) di cui si innamora. Le cose non andranno come previsto e le due bande ricominceranno la loro eterna lotta, sullo sfondo di una feroce rivoluzione che cambierà la storia di New York.
Questo è certamente un film di Martin Scorsese, lo si capisce ad ogni inquadratura, e lo si intuisce dall'amore che questo regista dimostra verso la sua città natale, da lui già indagata in molti suoi film precedenti. Ma non è solo la città di New York a legare indissolubimente questo film alla miglior filmografia di Scorsese: tutte le ossessioni e gli elementi che da sempre contraddistinguono i film di Scorsese sono presenti. Il sangue, la violenza metropolitana, il ghetto, l'elemento forte della religione, tutte maglie di un'unica tessitura che nelle sue mani si trasformano in vero cinema, il cinema con la C maiuscola, il cinema che rimane negli occhi anche dopo aver abbandonato la sala. Martin Scorsese realizza uno dei suoi film più violenti e duri in assoluto, mettendo in scena senza risparmio di sangue la realtà di un paese che ha costruito la propria forza e unione con la ribellione, con gli ideali difesi ad ogni costo, con il sangue: un paese, l'America, multirazziale e multietnico fin dai suoi albori. Aiutato anche da un cast di attori in gran forma, tra cui spicca il redivivo Daniel Day-Lewis, che offre qui una prova da Oscar, il film scorre via leggero senza annoiare, nonostante le quasi tre ore di lunghezza, ed offre una messinscena spettacolare e toccante di un pezzo di storia americana, trovando forse l'unico punto debole nell'inutile storia d'amore tra Di Caprio e la Diaz, che fortunatamente non viene approfondita. Il finale, volutamente confuso e caotico, smarrisce lo spettatore, che si perde nella violenza inaudita di una città in rivolta messa a ferro e fuoco, un pugno nello stomaco. E la bellissima e toccante immagine conclusiva, lo skyline newyorkese moderno con ancora le Twin Towers al loro posto, appare quasi come un funereo monito a non dimenticare.
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Recensione a cura di stefano76 - aggiornata al 25/03/2003
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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