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Dopo il grande successo della prima pellicola da regista, "Pranzo di Ferragosto", diventato già un classico, tanto da essere annualmente trasmesso da vari canali televisivi nella canonica giornata, Gianni Di Gregorio torna alla carica con questa nuova pellicola low cost, riportando sugli schermi alcuni degli interpreti dell'altro film (Valeria De Franciscis in primis nel ruolo della svampita madre "terribile").
Stavolta Gianni è un ex baby pensionato sessantenne (ex perché gli anni purtroppo passano) alle prese con la famiglia e le amicizie. Soffocato da una moglie iperattiva e ancora operativa e da una figlia un po' coatta, annichilito dall'anziana madre capricciosa ed egocentrica, il pover'uomo tenta un riscatto cercando un'avventura extraconiugale impossibile visto che tutti sembrano avere la meglio su di lui...
A tratti quasi onirico, girato tra interni fatti in casa (non ambienti ricostruiti in teatri di posa ma abitazioni autentiche) e lo scenario che Roma capitale da sempre offre (particolarmente belle le scene by night), con una fotografia sicuramente di ottimo valore, il film non bissa il fragore del "Pranzo di Ferragosto", non tanto perché manca di valide idee, ma perché se la logorrea di Gianni e delle anziane protagoniste dell'altra pellicola ben chiarivano allo spettatore lo stato d'alienazione degli interpreti, in quest'ultima storia finiscono invece col disorientare e disperdere.
Si coglie sin dall'inizio l'ironia della vicenda e l'aspetto da cane bastonato del protagonista ben rende il suo senso di spaesamento e di profonda solitudine (tema che uscito dalla porta rientra dalla finestra).
Più che una trama unitaria, come avveniva nell'altra pellicola, il plot di "Gianni e le donne" è costituito da una serie di microepisodi slegati tra loro: Gianni che tenta di ottenere senza esito dalla mamma la magnifica casa di famiglia, i colloqui con l'amico avvocato e con lo sfigatissimo fidanzato della figlia, i tentativi di avances con furbissime donne di mezz'età.
Nel primo film l'ironia cercava di dare una mano di stucco sulla malinconica drammaticità della vita, ma in questo secondo episodio di "avventure" in salsa romana dell'uomo senza qualità, poco si può fare per rinfrancare il povero spettatore preso da attacchi di sconforto.
Il povero Gianni, come il tenero Giacomo della "Settimana enigmistica" di qualche anno fa, è un'agnello sacrificale destinato a prenderle da tutte le parti (in particolare dal sesso debole).
Eppure il perdente Gianni guadagna la simpatia di chi si riconosce in lui e di chi si ritiene un pochino più fortunato, attuando un meccanismo di straniamento più che di identificazione.
Elogio dell'uomo qualunque, palesemente misogino (le donne sono tutte fastidiosamente approfittatrici o rompiscatole), il film tenta di uscire dagli schemi usati e abusati della commedia all'italiana, non riuscendo però a pieno nell'obiettivo di conquistare il pubblico.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/10/2011 17.31.00
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