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Michael Myers ha dieci anni e un bel po' di problemi. Intanto sopporta male la situazione a casa, dove vive con due sorelle e sua madre, che fa la lap dancer, insieme al compagno di lei, che non è esattamente il tipo di padre che si vorrebbe avere. Poi è oggetto di vessazioni a scuola, ma chi non lo è stato tra i più famosi assassini della storia americana? In ultimo nonostante gli sforzi del dottor Loomis ad un certo punto gli scappa la mano e fa fuori nell'ordine: prima il bullo che lo vessava, poi il compagno della madre, il fidanzato di sua sorella e dulcis in fundo la sorella grande. Quando la madre torna a casa le prende un colpo, e non ha altro da fare che consegnare il pargolo all'ospedale psichiatrico e farsi saltare la testa. Dopo diciassette anni trascorsi nell'ospedale psichiatrico, grazie all'involontaria complicità di due infermieri psicopatici, degni di stare in cella quanto lui, riesce a scappare e decide di tornare ad Haddonfield, e il resto è storia...
Correva l'anno 1978 quando un giovane brillante John Carpenter, con alle spalle il successo di "Distretto 13" e in prospettiva quello di "The Fog", si faceva strada con una pellicola che all'epoca ebbe un così grosso successo da meritare uno spropositato numero di sequel e da guadagnare la fama di immortalità sia al film che al protagonista. Da allora molte cose sono cambiate, ma una sola costante si ripresenta di tanto in tanto, l'avidità dei produttori di Hollywood che a corto di idee e sempre affamati di soldi, stanno rifacendo tutti i film horror che negli anni settanta hanno avuto un qualche tipo di successo, con risultati piuttosto discontinui.
Se è vero che si poteva tranquillamente fare a meno del remake di "Black Christmas", e che il rifacimento di "The Wicker Man" potrebbe essere un buon coadiuvante in caso di insonnia, bisogna dire che Carpenter ha avuto il dubbio onore di essere oggetto di un numero ancora imprecisato di remake: solo tra i più recenti abbiamo quello di "The Fog", che ci è toccato affidare all'oblio, l'onesto anche se annacquato rifacimento di "Distretto 13" e questo nuovo "Halloween".
In un impeto di rinnovamento, e senza fare troppo rumore per non disturbare i sogni di incassi favolosi del produttore di turno, Rob Zombie ha inventato in parte il background di Michael Myers e senza troppi complimenti ce lo mostra come l'unico risultato possibile di una situazione familiare degenerata e di un ambiente sociale degradato. Risulta assai difficile non capire, vista la situazione del povero ragazzo, come mai abbia scelto di fare a pezzi un certo numero di persone, di sicuro molti al suo posto lo avranno sognato, ma il punto è che lui, essendo uno psicopatico lo ha fatto davvero.
Come nel vecchio film ci sono dottori poco efficaci e babysitter urlanti nella notte, ma questo è da considerarsi nell'ottica dello spirito di un remake ben riuscito, come anche le citazioni della pellicola originale, che solo chi ha visto il film di Carpenter coglierà con gusto. Se ne cita una per tutte: il primo omicidio post ospedale psichiatrico, che apriva la serata del precedente film, con Michael che, coperto da un lenzuolo, macella la prima delle adolescenti in preda agli ormoni della notte di ognissanti. I canoni del genere sono tutti rispettati, primo fra tutti il famoso assioma "muore solo chi sta facendo sesso" reso immortale ed elevato a dogma da un decennio di film che ancora adesso sono portati ad esempio di filmografia seriale ben riuscita.
Il buon Rob Zombie usa con cattiveria ogni singola possibilità offerta dalla sceneggiatura e completa il tutto con una buona regia, in un grande omaggio agli slasher, che riporta indietro nel tempo lo spettatore e i personaggi. La scelta degli attori è a metà tra l'omaggio/citazione e il colpo di genio; se è vero che la scelta di chiamare Malcolm McDowell a recitare la parte che fu di Donald Pleasance è un aggiornamento riuscito, e che l'inossidabile Udo Kier è un caratterista talmente versatile da risultare sempre ben collocato (del resto è presente in tutti gli horror e film di genere degli ultimi quarant'anni), il nuovo Michael Myers interpretato da Tyler Mane, un wrestler alto due metri già visto in "X Men", "Troy" e "The Devil's Rejects", rende molto più inquietante il personaggio e persino credibile la sua immortalità.
Detto questo resta solo da chiedersi se tutto questo rifare i film appartenenti al passato e ad un genere ormai superato da tempo, oltre gratificare il conto in banca dei produttori, laddove gli stessi in realtà assai pochi, risultino un buon investimento, possa realmente interessare le nuove generazioni, o sia solo un'operazione diretta ai nostalgici e nulla più.
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Recensione a cura di Anna Maria Pelella - aggiornata al 17/04/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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