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Una giovane psichiatra, Beatriz Vargas (Cristina Brondo) viene assunta in una clinica molto prestigiosa situata in una zona semideserta, specializzata nella cura di schizofrenie e disturbi della personalità con l'ausilio dell'ipnosi.
Tra i primi pazienti di Beatriz, vi è una bambina autistica (caduta in questo stato dopo aver assistito al brutale assassinio della madre). I tentativi di avvicinamento di Beatriz alla bambina e al suo mondo sono molto difficoltosi, resi ancora più ardui da una certa ostilità da parte dei medici (il primario e l'infermiera su tutte) della clinica e dall'atmosfera inquietante presente.
L'incubo per Beatriz inizia quando la piccola paziente viene trovata morta annegata. Da quel momento, è come se la protagonista fosse catapultata in un labirinto non solo dipendente dalla costruzione della clinica, ma anche di tipo mentale ed onirico. Allucinazioni, visioni, stati immaginativi e reali, passato e presente, situazione già vissute precedentemente ed anticipazioni del futuro affiorano nella mente di Beatriz destabilizzandola e conducendola ben presto ad una follia fisiologica.
Il finale, che si presenta a sorpresa ma dal quale si è un po' delusi per come viene articolato, conferirà una certa logicità a tutta la narrazione precedente, rendendo la giovane psichiatra la vera artefice del cammino autodistruttivo intrapreso dalla sua mente.
Il film, di produzione spagnola, è stato girato nel 2002 ma arrivato in Italia, solo due anni dopo. E' tratto da un racconto di Javier Azpetitia, molto apprezzato in Spagna, integrato però dalla sceneggiatura si J. Ruiz Cordoba e dal regista David Carreras.
Il messaggio è chiaro e abbastanza inflazionato: "niente è quello che sembra" o meglio più volgarmente ed eufemisticamente: "la mente umana, sotto stress emotivi particolarmente intensi può fare brutti scherzi". Tuttavia, mano a mano che si prosegue nella visione del film, ci si rende conto di numerosi difetti dovuti soprattutto alla mancanza di originalità ed inventiva.
La pellicola pullula di effetti e momenti che pretendono di essere inquietanti e terrificanti ma che invece ricalcano fedelmente (e quindi abbastanza facili da assorbire per abitudine) quelli presenti nei più canonici e manieristici film d'horror hollywoodiani e non solo. Si vuole ad ogni costo spaventare repentinamente lo spettatore e non infondergli invece quel cronico senso di inquietudine che sarebbe stato sicuramente più funzionale alla storia. Si cerca, quindi, un sensazionalismo terrifico più rivolto ad un target adolescenziale, facilmente impressionabile, piuttosto ad un pubblico più maturo e colto.
Per quanto riguarda il cast, la protagonista Cristina Brondo dimostra di avere talento soprattutto nel manifestare il suo profondo disorientamento psichico, anche se i suoi troppi nudi gratuiti (imposti dalla sceneggiatura) la sminuiscono ed oscurano le sue doti recitative. Gli altri attori seguono fedelmente (purtroppo) le tipiche movenze ed espressioni facilmente ritrovabili in altri film del genere, senza aggiungere niente che possa essere un carattere distintivo.
Il film pretende di essere un thriller, ma invece "soffre" di una certa indefinitezza di genere che lo rende confusionario agli occhi dello spettatore.
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Recensione a cura di Luca.Prete - aggiornata al 13/07/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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