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Dopo eccellenti prove da regista e sceneggiatore, Woody Allen intiepidisce il proprio pubblico con questa "nevrotica" e un po' banale commediola.
E' la storia di un paranoico regista - interpretato dallo stesso Woody Allen - ormai dimenticato dalle luci della ribalta, al quale viene data l'opportunità di girare un film che possa riportarlo al successo. Nonostante lo scetticismo dei produttori, l'ex- moglie è l'unica a credere nelle potenzialità dell'artista. Non appena iniziate le riprese sorge però un problema a dir poco banale: il regista Val Waxman diventa cieco. Da qui in poi, con il supporto del proprio manager, cercherà in ogni modo di portare a termine le riprese del film.
Si tratta di una cecità psicosomatica, dovuta all'estrema nevrosi del protagonista, ormai caratteristica di quasi tutte le interpretazioni di Allen. Sono ormai noti i suoi "monologhi" dove ragiona ad alta voce e grazie ai quali questo film resta a galla, ma se paragonato ad altre sue opere - come ad esempio "Io e Annie" - le battute risultano meno pungenti e fini a se stesse; nonostante le parole a raffica e la gestualità a scatti, Woody Allen non riesce a far scaturire quella "liberatoria" risata alla quale il suo pubblico è abituato. Insomma, questa volta si ride poco.
Un'altra possibile causa dello scarso entusiasmo per questo lungometraggio potrebbe essere la scialba interpretazione di personaggi come Tea Leoni nei panni dell'ex-moglie del protagonista.
La sua recitazione non convince, non sembra calata nella parte come avrebbe dovuto, come un'attrice dovrebbe fare al fianco di un carismatico artista come Allen. Strano a dirsi ma risalta di più l'interpretazione dell'attrice secondaria Debra Missing, nei panni di Elly: la pimpante e "ocheggiante" fidanzata di Val Waxman, che con le sue mille facce buffe riesce a dare un vero carattere, seppur quello di una frivola donna, al suo personaggio.
In "Hollywood Ending" l'impronta autobiografica è piuttosto palese: Woody Allen interpreta un regista alle prese con le proprie manie e messo in disparte dall'eccentrica Hollywood. La sovrapposizione delle due vite viene spontanea; basti pensare che Allen stette in cura dallo psicologo per ben trent'anni e che gran parte del suo successo è dovuto in particolar modo allo spettatore europeo più che a quello americano.
La figura del nevrotico nei suoi film parrebbe invece essere una sua trovata per caratterizzare il suo personaggio e renderlo unico così come poteva fare Charlie Chaplin con il suo Charlot; Allen ha infatti dichiarato in recenti interviste: "non ho mai posseduto quel tipo di squilibri nella vita reale, anche perché se fossi stato veramente così probabilmente non sarei vissuto così a lungo".
Woody Allen sperimenta con "Hollywood Ending" il "classico" film hollywoodiano: si allontana dall'introspezione sempre presente nelle sue opere, per atterrare nelle terre del superfluo dell'America "patinata". "Hollywood Ending" non è il solito viaggio nelle ansie e nelle paure, in cui lo spettatore non è solo spettatore, ma riesce a immedesimarsi in quel problematico personaggio al quale si finisce per dar ragione. Questa volta il pubblico è semplicemente un'osservatore che per di più non si diverte come vorrebbe.
La produzione alleniana vanta di molti film ben riusciti che in alcuni casi sono anche stati premiati con l'ambito premio Oscar; "Hollywood Ending" non sarà all'altezza di quei capolavori, ma bisogna riconoscere che un grande regista ha bisogno sia di alti che di bassi per poter strabiliare.
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Recensione a cura di Debora P. - aggiornata al 18/06/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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