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È sicuramente originale e lusinghiero che il titolo di un film coreano sia in italiano; nel titolo il regista ha voluto mettere in primo piano quello che sarà uno dei protagonisti della storia.
"Il Mare" è il nome dato da Han Sung-hyun ad una casa costruita sulla riva dell'oceano. L'uomo è un costruttore che ha abbandonato gli studi di architettura, probabile conseguenza di un rapporto difficile con il padre, noto architetto che ha disegnato la casa. Primo abitante de "Il Mare", Sung-hyun trova nella cassetta postale una cartolina natalizia da parte di Kim Eun-joo, una doppiatrice di cartoni animati, nella quale chiede al nuovo abitante della casa di inviarle eventuali missive, indirizzate a lei, al suo nuovo recapito, e concludendo con la data: dicembre 1999. Sung-hyun rimane perplesso e, dopo aver chiesto ad un negoziante della zona se la casa fosse stata abitata prima di lui, pensa ad uno scherzo. Risponde alla lettera di Eun-joo, dicendole che ha sbagliato indirizzo perché lui è il primo abitante de "Il Mare", ed ha dato lui il nome alla casa, domandandosi come poteva saperlo, e concludendo con la data: dicembre 1997. Tra i due inizia una fitta corrispondenza per venire a capo del mistero, ben presto capiranno che la cassetta postale è una finestra temporale tra il 1997 e il 1999, e grazie ad essa crescerà un tenero rapporto, che porterà due anime in pena a superare i momenti difficili che ognuno di loro sta vivendo.
"Il Mare" è poesia allo stato puro per la commistione degli elementi che compongono il film. La fotografia è curatissima: si inizia con una carrellata ad avanzare su una distesa d'acqua, dei titoli di testa, che gradatamente si avvicina alla casa, accompagnata dalla colonna sonora portante. Fin da subito ci si ritrova avvolti da un aurea misteriosa, creata anche dalla foschia in cui la casa è immersa. I movimenti della macchina da presa seguono i sentimenti dei protagonisti, che spesso fanno parte del paesaggio ripresi in campi lunghi, alternati da primi piani. Molto bella la soggettiva del punto di vista del cane Cola, quando segue Sung-hyun fino alla porta di casa, l'angolazione e gli sguardi di Sung-hyun fanno percepire allo spettatore con chi ci si sta identificando e appena il cagnolino viene inquadrato suscita tenerezza. Gli attori parlano con gli sguardi e con il linguaggio del corpo, i dialoghi sono presenti ma non preponderanti. Sung-hyun (Lee Jung-jae) e Eun-joo (Jun Ji-hyun) sono due solitudini che si sfiorano, entrambi soffrono per dei rapporti finiti, lui con il padre, lei col suo ragazzo, relazioni solo accennate. Le loro lettere diventano inizialmente una valvola di sfogo, poi il mezzo grazie al quale si conoscono e pian piano s'innamorano, di un amore che sembra impossibile concretizzarsi. Sung- hyun si imbatte con la Eun-joo del passato, che non lo conosce, e rimane subito colpito dalla sua figura.
Il regista Lee Hyun-seung è anche sceneggiatore e produttore cinematografico; qui al suo terzo lungometraggio, ha saputo trattare il tema dell'amore che oltrepassa i confini temporali con originalità, dando vita ad una piccola gemma, tanto bella da aver attirato l'attenzione dei produttori della Warner Bros che nel 2006 hanno realizzato il remake "The Lake House", in italiano "La casa sul lago del tempo", diretto da Alejandro Agresti con due star internazionali e molto note, come Sandra Bullock e Keanu Reeves. Due film, purtroppo, che hanno in comune solo la stessa storia; molte scene sono la copia sputata dell'originale, ma niente di più. Della poesia delle immagini de "Il Mare" non rimane traccia, c'è un'abbondanza di chiacchiere degli amici di lui, delle amiche di lei, storie d'amore precedenti.
Sotto il profilo attoriale, la semplicità dello sguardo di Jun Ji-hyun e il suo modo di porsi durante la narrazione hanno molta più presa dell'interpretazione algida della Bullock, e lo sguardo malinconico e dolce al tempo stesso di Lee Jung-jae dona un'intensità al suo personaggio, che Keanu Reeves non raggiunge. I due protagonisti de "Il Mare" lasciano pochissimo spazio agli attori di contorno, in modo da far incentrare l'attenzione sui piccoli dettagli che sono intorno a loro e alla loro relazione con la casa.
La scena finale de "Il Mare" è la giusta conclusione di un film che parla d'amore e di come il tempo possa essere un grande alleato, un finale che, come richiederà alla protagonista di avere un po' di fiducia, richiederà allo spettatore di credere che Eun-joo farà quel salto mentale che permetterà ai due protagonisti di stare finalmente insieme nello stesso spazio temporale. Lo scontato finale americano, al contrario, è servito su un piatto d'argento allo spettatore occidentale, affinché non faccia neanche un solo sforzo intellettivo, sottovalutato troppo spesso.
Il Mare rimarrà sicuramente nei cuori di chi lo vedrà.
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Recensione a cura di Francesca Caruso - aggiornata al 27/02/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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