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Le "sinfonie industriali" di David Lynch risalgono alla giovinezza del cineasta, quando non ancora regista dipingeva dipinti surreali chiamati appunto ""Industrial Symphony". Questo suo lavoro particolare datato 1989 (anno d'oro che coincide anche con il progetto per la tv "Twin Peaks") è una installazione artistica e musicale che nasce proprio dall'immaginario di Lynch e dalle musiche di Angelo Badalamenti.
I due vengono difatti chiamati dalla Brooklyn Academy of Music di New York, che produce annualmente un festival dedicato a performance di musica sperimentale, per creare qualcosa come apertura dell'anno musicale. Pur ricevendo l'invito, sia Lynch che il suo fido compositore di fiducia hanno appena due settimane per costruire il tutto. Tralasciando le innumerevoli prove che comportano innumerevoli problemi, il risultato finale è ottimo: duemila persona in due serate si sono goduti uno spettacolo di puro sogno lynchiano, che come tutti i sogni è fatto di frammenti spaziali ed eterei di non facile lettura...
Partiamo dall'inizio, in cui vediamo i due protagonisti di "Cuore selvaggio" recitare una conversazione telefonica tipica, di quelle smielate che preannunciano la rottura tra due innamorati. Da questo momento in poi, da quando il telefono viene abbassato e l'immagine sfuma sul palco, si passa al Sogno di un Cuore che da Selvaggio è divenuto Spezzato.
È un inferno industriale, appunto, in cui all'interno del buio si muovono forme indistinte ed inquietanti e una musica ora sensuale, ora dolce ma sempre ai confini di un altro universo regala sprazzi di luce e altri di puro incubo. Julee Cruise è la cantante, un angelo che è il sogno stesso del Cuore Spezzato Laura Dern, e che come tale continua a cantare col suo tono celestiale di speranze e di un amore che non deve andarsene via. E se inizialmente è piantata con i piedi per terra, sin dalla seconda canzone sarà l'aria il suo elemento dove volteggia mentre sotto di lei si agitano forme strane, nani che provengono direttamente da Twin Peaks e che segano alberi, un cervo scuoiato che prende vita quando Julee Cruise, con un urlo improvviso, cade e si schianta al suolo lasciando frastornato lo spettatore.
Come un demonio reincarnato la girandola diviene infernale, questa sorta di diavolo si muove barcollando per poi sparire ancora quando ricompare, nuovamente, il Sogno del cuore spezzato in un bagagliaio della macchina, pronta a cantare "Rockin' Back Inside My Heart"... e per poi lentamente fluire via, ancora sospesa nell'aria, invocando all'amore di non andare via, tra feti di bambolotti sospesi come lei in un limbo senza uscita, nell'incubo di un amore finito.
Non c'è spiegazione qui, non va ricercata. Lynch ha descritto questo suo spettacolo come un "qualcosa che a che fare con una storia d'amore che finisce". Noi sentiamo che è così: è qualcosa che non si può propriamente definire incubo ma che sicuramente è un sogno dove nel buio nasce qualcosa; perché in "Industrial Symphony n° 1" è la creazione, la genesi il punto focale ma è una creazione che non riesce ad uscire da un limbo infinito di caos e surreale.
Un aborto forse, che rimane "numero 1" sempre e all'infinito, senza seguiti come se fosse un imperfezione. Come con "Eraserhead ", dove l'amore porta solo complicazioni e struggimento nelle forme oscene di un figlio che urla e strilla fino alla pazzia e al punto di rottura. È qualcosa da affrontare sempre da soli, che ci tocca nel profondo e per questo non se ne va più. E' la peculiarità di Lynch, questo suo modo di porsi nei confronti dell'arte che ti fa entrare in contatto con un universo diverso che però ti sembra di conoscere da sempre e dal quale ti pare poi impossibile uscirne, anche da morto.
E se a Lynch si deve la forza delle immagini e le suggestioni che queste evocano, il progetto non sarebbe tanto speciale se non ci fossero le musiche di Badalamenti con una cantante come Julee Cruise.
Molti poi non potranno non notare i punti di contatto con "Twin Peaks " in cui tante di queste canzoni saranno riascoltate e cantate provocando sempre stati d'animo toccanti e struggenti.
È Lynch, lo Jimmy Stewart da Marte, che subdolamente ti ha afferrato e trasportato nel suo mondo di dolore e redenzione, perché se guardi bene trovi anche quella in un ciclo infinito che gira in tondo.
"Love
Don't go away
Come back this way
Come back and stay
Forever and ever
The world spins"
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Recensione a cura di elio91 - aggiornata al 09/01/2012 16.11.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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