Recensione kyashan - la rinascita regia di Kazuaki Kiriya Giappone 2004
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Recensione kyashan - la rinascita (2004)

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locandina del film KYASHAN - LA RINASCITA

Immagine tratta dal film KYASHAN - LA RINASCITA

Immagine tratta dal film KYASHAN - LA RINASCITA

Immagine tratta dal film KYASHAN - LA RINASCITA

Immagine tratta dal film KYASHAN - LA RINASCITA

Immagine tratta dal film KYASHAN - LA RINASCITA
 

Kyashan - La rinascita è (molto) liberamente ispirato all'omonimo anime, dalle atmosfere disperatamente cupe e ineluttabilmente angoscianti, da cui riprende quasi esclusivamente il nome ed il look del protagonista. Apparirebbe quindi fuorviante limitare l'analisi del filmpellicola ad un mero raffronto con l'anime da cui trae ispirazione; d'altro canto, lo sforzo critico necessario ad un simile esercizio sarebbe assolutamente immeritato per una pellicola dalla qualità tanto scadente.

Brevemente, la storia: in un futuro post-bellico, uno scienziato pazzo idea delle cellule autorigeneranti, capaci di riprodurre autonomamente parti del corpo umano, restituendo persino la vita ai defunti. Non vuoi che ti va a defungere proprio il figlio del matto, che non trova niente di meglio da fare che rianimarlo grazie alle cellule miracolose trasformandolo in Kyashan, super-forte, super-veloce e super-volante, con la sua super-tutina argentata ed i suoi super-capelli a fissaggio ultra-forte. Giusto ciò che ci vuole per battersi contro i cattivi neuroidi, generati allo stesso modo dallo scienziato novello Frankenstein, ma anche contro la società corrotta ed i suoi simboli di potere.

Dopo una prima mezz'ora interessante, la storia vira verso lidi di rara improponibilità, diventando un'accozzaglia cafona di colori, suoni, luci ed individui vestiti in modo buffo. Irritanti poi gli slanci moralisti di cui il film è letteralmente infarcito: nella foga di trasmettere un messaggio di amore e fratellanza, e di far comprendere al cinico e sprovveduto spettatore che il cattivo non sempre lo è fino in fondo, il regista o chi per lui si serve di dialoghi degni del miglior Brandon Walsh, pronunciati ad ogni occasione utile dall'imbarazzante Luna, la ragazza del protagonista. Favolosa a questo proposito la scena clou del film, in cui i quattro neuroidi appena venuti alla luce e scacciati dalla città, si imbattono in un castello con all'interno un esercito di robot da guerra pronti all'uso, fermi lì a prendere aria. Il leader dei quattro a questo punto si fomenta, fa un discorsetto da quinta elementare sul diritto di vivere e di schiacciare le altre forme di vita ed esaltatissimo si pone alla guida e del quartetto e delle migliaia di robot con cui mette a ferro e fuoco la città. Il tutto in tre fotogrammi. Giusto lo stesso tempo impiegato dall'instabile Kyashan per spazzarli via tutti.

A proposito dei repentini cambi di scena, un'altra notazione merita di essere evidenziata. Tutte le due ore e venti minuti del film sono attraversate da un'irritante scala di otto note di pianoforte martellante, invadente, sempre identica a se stessa, tristemente snervante. Bene, questa scaletta da dieci centesimi nel cappellino della scimmietta danzante è interrotta bruscamente ogni mezz'ora circa da un orrendo riff truzzo-tecno-punk anni '80, sparato a mille per sottolineare il momento in cui il nostro amato protagonista irromperà sulla scena facendo il figo e seminando morte, terrore e distruzione. Effetto, questo, piacevole come la sabbia nelle mutande.

Quanto agli aspetti tecnici, Kyashan - La Rinascita è girato in digitale, con attori in carne ed ossa che interagiscono in un mondo creato al computer. Anzi, sarebbe meglio dire scarabocchiato al computer. Raramente infatti mi è capitato di vedere una computer graphic peggiore di quella realizzata per Kyashan - La Rinascita, in cui tutto puzza di finto lontano un miglio ed ogni sbavatura è aggiustata con una fotografia eccessiva, colorata e pomposa che ha l'effetto di coprire tutto e di togliere il pur minimo barlume di dignità alla pellicola.

Tirando le somme, il risultato finale è assolutamente disastroso: trama ridicola ed incoerente, personaggi stereotipati ed assolutamente privi di spessore, effetti speciali di infima qualità, musiche irritanti quasi quanto gli effetti sonori, fotografia imbarazzante e dialoghi da brividi. Ma le pecche più gravi del film sono l'arroganza e la supponenza con cui è diretto, che non permettono a chi scrive di concedere la minima attenuante a questo prodotto videoclipparo e playstationaro. L'arroganza e la supponenza sono quelle di chi crede di rivoluzionare il cinema con un'opera innovativa e geniale, con l'intento di stupire lo spettatore con mirabolanti trovate ed ingegnosi colpi di scena. L'effetto sortito è invece solo quello di sottrarre sette euro dalle tasche di quel nugolo di appassionati che hanno avuto la sventura di credere in un progetto affascinante.

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Recensione a cura di Jellybelly - aggiornata al 24/07/2006

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