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Una storia per bambini ripresa dalla fiaba omonima di Roald Dahl. Non potrebbe essere sintetizzata in modo peggiore l'ultima fatica di quel genio di pura celluloide che è Tim Burton, il remake del film di Mel Stuart "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato" (1971). Perché la dickensiana opera del creatore di Edward mani di forbice è un film complesso ed emotivo, che lascia spazio a molteplici interpretazioni.
Innanzi tutto data la poca rassomiglianza tematica col precedente e lo spostamento del ruolo di protagonista, da Willy al piccolo Charlie, così come suggerisce il titolo. Burton preme l'acceleratore sul notevole impatto visivo che le suggestive e coloratissime dimensioni della Fabbrica offrono agli occhi degli ospiti-spettatori, concedendo maggior rilievo alle sequenze punitive dei bambini "viziati", vero cardine della narrazione, sequenze in cui un gigionesco Johnny Depp (veramente divertito) accompagna con cenni della testa le danze di scherno dei minuti Oompa-Loompa.
Partendo da una sceneggiatura non originale, Burton rende il film una favola ben confezionata, ma distante dall'obbligatorio paragone con la versione precedente. Le innovazioni nello script danno vivacità ad alcuni momenti di stallo, specie nella parte finale, dove una mancanza di mordente nel racconto, devia pericolosamente verso la noia. Ma il regista americano è bravo nel dosare i flashback dei ricordi di Willy Wonka da ragazzo e i momenti puramente tecnologici, espressi tramite i macchinari crea-dolci, sua vera passione sin da quando il padre dentista (il solito istrione Christopher Lee) glieli vietava, costringendolo alla fuga da casa. La vera tematica che pervade la zuccherosa atmosfera della pellicola, ma potremmo anche chiamarla morale da buona fiaba, è l'importanza di avere accanto una famiglia che ti sostenga nel momento del bisogno. E questo vale sia per Charlie, sia per Willy, che se ne accorgerà di fronte all'Oompa Loompa psicanalista: "Sei proprio bravo" gli dice, senza che questo abbia aperto bocca.
Parte proprio da qui la storia di Charlie, un giovane costretto ad una vita di povertà, ma di dignitosa unione familiare (anche se abbondano le scene comiche), il cui desiderio e fino ad allora sogno nella vita è quello di visitare la Fabbrica che produce le squisite tavolette Wonka. La possibilità sarà data dallo stesso magico Artista del cacao a cinque fortunati bambini, coloro i quali troveranno altrettanti biglietti d'oro nelle confezioni di cioccolato. E Charlie sarà uno di questi, iniziando col nonno, ex dipendente della Fabbrica, e con gli altri vincitori una gita surreale all'interno della misteriosa industria Wonka. La contagiosa fantasia, che si riversa lungo le quasi due ore di proiezione, è uno spettacolo per gli occhi e per la mente di chi guarda.
Rappresentazione impreziosita, inoltre, dalla performance del sublime Depp, a cui molti hanno ricalcato l'immagine del Re del Pop, Michael Jackson, ma che rispecchia più fedelmente la personalità immaginifica del suo amico regista, rendendo anche il dovuto omaggio alla prima interpretazione di Gene Wilder. Elena Bonham Carter, moglie di Burton nella realtà, invece, si accontenta di una sorta di cameo, essendo uno dei tanti personaggi di contorno che ruotano attorno al fenomeno Wonka junior.
La fabbrica di cioccolato è un'opera che, a quasi trentacinque anni dalla sua versione originale, mantiene intatto il fascino e l'eleganza di una storia ben raccontata, che resiste immutata al passo dei tempi.
Nonostante questo, Tim Burton, solito nell'ammaliarci con film superbi, non riesce nell'operazione conclusiva di portare la sua opera al livello di capolavoro, ma si sofferma semplicemente un attimo prima.
Un vero peccato...di gola.
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Recensione a cura di Simone Bracci - aggiornata al 08/10/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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