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Film come "La frode" ("Arbitrage", in originale) ricordano istintivamente la programmazione estiva di certe reti televisive, che raccolgono arbitrariamente film di scarso richiamo in non meglio definiti cicli settimanali che servono solo a vendere spazi commerciali a basso costo. La sensazione di deja-vu aumenta, se non è proprio causata, dalla presenza di Richard Gere, ormai abbonato a questi ruoli monotoni e ambigui, che gli consentono di sfruttare al contempo l'incredibile fascino che esercita sul suo pubblico di riferimento e una mimica facciale pressoché inesistente che torna buona per un personaggio più o meno imperscrutabile e distaccato.
L'immagine pubblica di Robert Miller (Richard Gere) è quella di un potente uomo d'affari, carismatico, famoso, devoto alla famiglia, dedito al lavoro. Le sue opinioni contano per i media, per i collaboratori, per i familiari, in particolare per la brillante figlia Brooke (Brit Marling) che lavora nella società di famiglia. Miller nasconde però parecchi scheletri nell'armadio: la vendita della società a un gruppo rivale e la conseguente fusione sono il tentativo disperato di nascondere un buco di centinaia di milioni dovuti ad un investimento fallimentare, mentre la giovane gallerista francese (Laetitia Casta) di cui Robert è mecenate è (ovviamente) anche la sua amante. Superare la revisione dei conti si rivela più difficile del previsto e Brooke si accorge che qualcosa non torna nei bilanci societari. Un terribile e mortale incidente in auto costringe Robert a sfidare la legge ancora più pericolosamente, per evitare di perdere la faccia, gli affetti e la libertà...
Il goffo sottotitolo affibbiato in Italia a "La frode" ("Sesso, potere e denaro sono il tuo miglior alibi") oltre ad avere poco senso dal punto di vista semantico nasconde una certa difficoltà nel posizionare oggi film concepiti in maniera così anacronistica e fa quasi tenerezza l'abusato gancio costituito dalla parola "sesso" per alimentare la speranza di qualche scena hot della Casta, per esempio (speranze vane, ci duole rivelare).
Anche il trailer, che mostra stancamente e in sequenza tutte le scene salienti del film, a parte il finale, testimonia l'impossibilità di trovare un modo di aumentare l'appeal del film ricorrendo, ad esempio, a qualche trucco di montaggio.
Che un regista esordiente scriva e diriga un film tanto derivativo e in modo tanto banale fa pensare che il talento oggi sia una caratteristica del tutto accessoria, visto che l'industria cinematografica si accontenta di copiare vecchi modelli per prolungare la vita artistica di certi attori difficilmente collocabili altrimenti. Dal punto di vista formale, si può rimproverare molto poco a Nicholas Jarecki. Non si prende alcun rischio, non sbaglia nulla. Se solo ci fosse qualche guizzo nella sceneggiatura, si potrebbe anche essere un po' più indulgenti nel giudizio.
Accanto ad un Richard Gere che fa quel che può (non molto) c'è un cast di tutto rispetto: Tim Roth, Susan Sarandon e Brit Marling bastano per dare qualità ad uno script poco incisivo con interpretazioni mai banali. Laetitia Casta è una gioia per gli occhi, anche se non sembra proprio a suo agio né con il ruolo né con l'inglese.
Il problema principale di "La frode" è che il personaggio centrale, praticamente sempre in scena, è un individuo monodimensionale e moralmente deprecabile. Il dilemma etico di Robert Miller, costituirsi per l'incidente e mandare in rovina la propria compagnia e gli azionisti o continuare a giocare sporco e tentare il tutto per tutto, non regge mai. Gli "azionisti" sono nel film un'entità astratta, mentre i misfatti di Miller (tutti reati penalmente rilevanti e moralmente imperdonabili) sono mostrati allo spettatore, che non riesce mai a trovare un reale motivo per empatizzare con lui. Colpa sicuramente anche della freddezza che Richard Gere trasmette con la sua interpretazione monocorde. Gli archi narrativi degli altri personaggi dovrebbero fare da cassa di risonanza alle azioni Miller, ma il meccanismo non funziona mai.
La soluzione di compromesso del finale è nella sostanza piuttosto realistica (al contrario di altri film simili), ma proprio per questo lascia un po' l'amaro in bocca.
"La frode" presenta un mondo cinico e ingiusto, che corrompe gli onesti e protegge i colpevoli, un mondo parallelo a quello della gente comune. I sentimenti che si possono provare nei confronti di questo genere di storia possono essere il disinteresse o il fastidio, non c'è terza scelta: è un cinema datato e scolastico, che nasce già vecchio.
Potrebbe essere il remake di altri dieci film, e il guaio peggiore è proprio il fatto che non lo sia.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 07/03/2013 16.46.00
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