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Dean Corso, esperto di libri rari, viene incaricato da un collezionista di recuperare le altre due copie di un libro in suo possesso: Le nove porte del regno delle ombre. L'intento del collezionista è di scovare l'originale per impossessarsene. L'"investigatore" viene avvertito del fatto che, attraverso le incisioni presenti nelle varie copie, è possibile evocare il demonio. Ben presto, durante la sua investigazione, si renderà conto che questi libri fanno gola a molti e rischierà più volte la vita per difendere la copia in suo possesso.
Quella per il demonio sembra essere diventata una fissazione "saltuaria" del grande Roman Polanski che, a trent'anni di distanza dal bellissimo "Rosemary's baby", torna ad occuparsi di questo tema con l'altrettanto apprezzabile "La nona porta". Ispirato al romanzo "Il club Dumas" di Arturo Pérez-Reverte, questo film riesce perfettamente ad affascinare lo spettatore soprattutto grazie ad un magistrale utilizzo delle atmosfere, da sempre carta vincente delle pellicole del maestro, create grazie alle ambientazioni, alle scenografie, alle musiche e soprattutto alla fotografia davvero molto suggestive e molto attrattive. Il protagonista, infatti, per la sua ricerca sarà costretto a viaggiare in Europa passando per la Spagna, il Portogallo e la Francia. È così che allora il regista ci mostra dapprima delle case ultralussuose, appartenenti ai suoi datori di lavori o ai suoi acquirenti/venditori di libri rari, sempre ricche di biblioteche stratosferiche; per poi accompagnarci in librerie fatiscenti e sicuramente maleodoranti (è anche questa la capacità del regista, quella di esprimerci sensazioni che con la vista solitamente non si colgono), in cui sono sempre i numerosi e polverosi libri a farla da padrone (rimane impresso lo straordinario incipit in cui in uomo si impicca e poi l'attenzione si sposta sulla sua libreria e soprattutto sull'assenza di un determinato libro, dietro il quale si nasconde un "mondo").
Ed è proprio il libro, l'importanza estrema del suo contenuto (e il fatto che in questo caso si tratti di un contenuto demoniaco è solo un "pretesto" per costruire sul concetto che si vuole trasmettere, un delizioso film di genere), nonché la forza che questo può assumere se mal interpretato o maneggiato dalle "menti" sbagliate, il vero e proprio protagonista assoluto de "La nona porta", nonché il suo pregnante e stimolante sottotesto. Un sottotesto rivestito di tutto punto, grazie all'abilità registica e narrativa di Polanski che si ispira ai grandi, facendoci sorridere e ammirare la qualità del suo lavoro.
È impossibile non ricordarsi del mitico Philip Marlowe, osservando lo spirito beffardo e sarcastico dell'investigatore privato, qui interpretato da uno straordinario e ironico Johnny Depp, così come viene automatico pensare al geniale Hitchcock più volte omaggiato e richiamato in diverse situazioni. Prima su tutte il ricorso e l'attenzione minuziosa al particolare e agli oggetti, che acquistano così un'importanza decisiva nello scatenarsi degli eventi o un richiamo simpatico ma comunque significativo agli stessi. Qui abbiamo, al di là ovviamente del libro in primis, anche un paio di scarpe da ginnastica e un paio di occhiali.
Merito del regista è anche quello di aver saputo mescolare abilmente (se si esclude forse l'eccessivamente grottesco e fantasioso finale) la narrazione puramente investigativa caratterizzata da influenze da thriller d'atmosfera, con il paranormale e il surreale, visti i ripetuti riferimenti alla possibilità di Lucifero come scrittore di alcune pagine del libro in questione (scritto guarda caso nel 1666, da cui l'altra chicca di far uscire il film nel 1999, con un continuo e minuzioso gioco di numeri significativi anche all'interno del racconto) e, soprattutto, la presenza di un personaggio molto singolare (interpretato dalla bellissima e ipnotica Emmanuelle Seigner), sorta di angelo/diavolo custode che aiuta più di una volta l'ignaro e un po' sprovveduto protagonista.
Il tutto, comunque, mescolato ad un irresistibile umorismo, insito soprattutto nella qualità dei dialoghi che alleggerisce la lunga visione e la rende oltremodo più gradevole. Non rimane altro, dunque, che asserire di trovarci di fronte all'ennesimo ottimo lavoro di Roman Polanski che da sempre ha saputo maneggiare e manipolare il genere (dal noir, all'horror, al thriller, al drammatico, ecc...), rendendolo personalissimo e inconfondibile. Così come ha fatto con "La nona porta", film polanskiano fino al midollo, che risulta essere, quindi, un mix perfetto e caratteristico di tensione, curiosità, qualità del racconto, contenutismo e, perché no, leggero intrattenimento.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 04/05/2010
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