Recensione la stanza del figlio regia di Nanni Moretti Italia 2001
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Recensione la stanza del figlio (2001)

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Miglior filmMiglior attrice protagonista (Laura Morante)Miglior colonna sonora
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Miglior film, Miglior attrice protagonista (Laura Morante), Miglior colonna sonora
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Palma d'oro
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locandina del film LA STANZA DEL FIGLIO

Immagine tratta dal film LA STANZA DEL FIGLIO

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Immagine tratta dal film LA STANZA DEL FIGLIO

Immagine tratta dal film LA STANZA DEL FIGLIO
 

Il film vincitore a Cannes nel 2001 è incentrato sulla ricerca del senso e della dinamica del dolore in un lutto.
La famiglia Sermonti perdendo il giovane Andrea, in un infortunio di pesca subacquea, piomba in una crisi che sconvolge i normali ritmi della loro vita.
Il loro era un quotidiano che scorreva tra molte soddisfazioni e qualche piccola amarezza. L'elaborazione del lutto, dopo la tragica morte del figlio, tende a dare un significato all'angoscia, creando un modo di ricordare lo scomparso funzionale al vivere presente. Un meccanismo teso a richiamare visivamente qualcosa dell'inconscio che permetta di proseguire la vita rimanendo nel flusso di un dinamismo psichico e culturale legato alla cultura che ci contiene.

Il padre Giovanni Sermonti è uno psicanalista. Dopo la tragedia, lungo l'elaborazione del lutto con la moglie avverte che il suo lavoro non potrà più proseguire con profitto. Pensa che certi risultati psicanalitici raggiunti con la sua attività non potranno più ripetersi, perché compromessi dalla sua nuova situazione emotiva.
I risultati che i pazienti ottenevano nell'analisi erano in gran parte legati, seppur in modo paradossale, alla sua figura di borghese dall'aria soddisfatta.
Figura che seduceva i pazienti portandoli a forme transferenziali e di identificazione proficui sia nel mantenere il gioco di parole con l'analista che nella riuscita elaborativa di alcune questioni analitiche.
Dopo la tragedia il suo stato depressivo, seppur ricco di risvolti creativi e fertile di idee, lo costringe a modificare l'approccio psicologico con i pazienti fino al punto di ridurlo a forme di comunicazione verbale troppo dirette, quasi forzate e notevolmente giudicanti, moraliste. Irrompe nelle sedute la propria nuova situazione esistenziale. Sembra quasi che adesso sia lui a chiedere qualcosa ai pazienti. Questo porta alcune analisi in corso verso una deriva psichica a tratti angosciante e priva di sbocchi terapeutici efficaci.

In questo film Moretti descrive in modo credibile gli aspetti riguardanti le sue vicende professionali da analista: senza cadere nel banale o nella caricatura.
Il lavoro della memoria nel lutto, mosso dal dolore, porta al sacrificio della sua professione: per consentire un ricordo del figlio più raccolto e coltivato, lontano da sguardi indiscreti. Ricordo che diventa perciò "curato", ricco di figurazioni visive più intense, in parte vere in parte costruite dal meccanismo del ricordo di copertura freudiano. E' come se l'inconscio lavorasse per la costruzione di un sintomo che renda la vita di coppia ancora vivibile.
I limiti esistenziali della vita rappresentati attraverso le malattie gravi e gli infortuni sono una costante nei film di Moretti. E' da lì che il regista riesce a costruire in ogni film una struttura narrativa efficace e intelligente caratterizzata da un verosimile spettacolare ma vivo di problemi autentici in parte moralizzati con la satira in parte semplicemente elaborati per quello che sono.
Nei film di Moretti l'immagine semovente filmica non funziona come "altro linguaggio", caratteristica del cinema, ma semplicemente come simbolismo del reale. I suoi livelli figurativi cinematografici non toccano vertici di altezza alti, sono più o meno paragonabili a quelli di un teleromanzo di successo, ma la sua capacità intellettuale di sintetizzare storie difficili e tristi pescando dal vero della vita è alta dando al film grande interesse. Moretti offre al pubblico identificazioni illuminanti. Ciò avviene però in forme di complesso esistenzialismo.

E' interessante anche come sia spettatori che critica trovino nei suoi film punti di convergenza notevoli, identificandosi in vicende che hanno il pregio di essere costruite e caratterizzate da un modo di esistere passionale, legato alla vita in sé e alla morale. Passione che si accosta in parallelo a fredde elaborazioni e trovate espressive colme di satira.
Il coinvolgimento in idee comunicative e satiriche a largo raggio e l'ambigua sofferenza apparentemente senza sbocchi creata dall'evento tragico sono la chiave del successo di Moretti che è per fortuna anche un po' il successo della cultura nell'area film. Con la satira tutto diventa facile per il regista. Il film sembra vivere di vita propria grazie al sipario strappato sulla realtà.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 09/08/2006

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