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Sette capitoli più un prologo e un epilogo, ognuno introdotto da immagini naif e musiche anni '70, segnano l'esistenza di Bess (un'intensissima Emily Watson) nel suo viaggio dall'Inferno verso la redenzione, passando per il sacrificio estremo.
Cinque anni di lavoro e 42 milioni di corone: così nasce il quarto lungometraggio del danese Lars Von Trier, regista dal talento straordinario, la cui comprensione non può che passare dal manifesto fondato nel 1995 ed intitolato "Dogma 95", sebbene il film segua direttrici formali più libere.
"Dogma 95", nato da un collettivo di registi per salvare il cinema dalle derive contemporanee, influenza comunque la pellicola che difatti sarà realizzata e presentata a Cannes (Premio speciale della giuria,anche se dai più è ritenuto il vincitore morale del Festival) soltanto l'anno successivo, nel 1996.
"Breaking the waves" (questo è il titolo originale) è ambientato in un villaggio scozzese all'inizio degli anni '70 dove vive Bess Mc Neill, considerata una "diversa" per la sua ingenuità ed eccessiva fede che la portano a parlare direttamente con Dio; quando sposa lo straniero Jan, operaio su una piattaforma petrolifera, la puritana comunità maltollera il matrimonio finché "le onde del destino" si abbattono sulla giovane coppia costringendo Jan su una sedia a rotelle a causa di un gravissimo infortunio sul lavoro. Ed è allora che Bess capisce come la sua redenzione non sia ancora compiuta e che soltanto un miracolo può salvare il marito,ma a costo del sacrificio estremo della donna: Bess muore, Jan torna a camminare e dal cielo il suono delle campane apre le porte del Paradiso. La redenzione finalmente si compie e Bess può così raggiungere la salvezza che un Dio misericordioso non può certo negarle nonostante l'insano gesto.
Melodramma Truffautiano, cattolicissimo, ebbro di spirito salvifico, è un'opera dalla sensibilità straripante che lascia spiazzati; nessun effetto speciale, nessun carrello, ma solo l'uso della macchina a mano che s'incolla all'eccezionale protagonista con dei primi piani strettissimi. Gira interamente in 35 mm Lars, ma il tutto è poi rielaborato al computer tanto da sembrare persino "troppo bello".
Sceneggiatura robusta, colonna sonora con musiche di Deep Purple, David Bowie e Leonard Cohen, ma ciò che di gran lunga contribuisce a fare della pellicola un capolavoro è l'interpretazione di Emily Watson, attrice teatrale prestata per l'occasione al cinema e voluta fortissimamente da Von Trier. Ciò che sorprende nella sua performance è il suo lasciarsi andare al personaggio quasi come una bambina tanto da ricordare uno dei personaggi Dreyeriani per antonomasia: la pulzella d'Orleans Renèe Falconetti ne "La passione di Giovanna D'Arco" (lo stesso regista ha confessato di aver consigliato alla Watson la multipla visione del film per meglio calarsi nella parte).
Dreyer, Bergman, Truffaut: come loro, a Lars Von Trier interessa affrontare i sentimenti e ciò a cui questi conducono,anche quando rappresentano manifestazioni di esaltante follia come nell'esistenza di Bess.
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Recensione a cura di mkmonti - aggiornata al 07/06/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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