Recensione l'esorcista regia di William Friedkin USA 1973
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Recensione l'esorcista (1973)

Voto Visitatori:   8,34 / 10 (456 voti)8,34Grafico
Voto Recensore:   7,00 / 10  7,00
Miglior sceneggiatura non originaleMiglior sonoro
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior sceneggiatura non originale, Miglior sonoro
Miglior film drammaticoMiglior regista (William Friedkin)Miglior sceneggiatura (William Peter Blatty)Miglior attrice non protagonista (Linda Blair)
VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE:
Miglior film drammatico, Miglior regista (William Friedkin), Miglior sceneggiatura (William Peter Blatty), Miglior attrice non protagonista (Linda Blair)
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locandina del film L'ESORCISTA

Immagine tratta dal film L'ESORCISTA

Immagine tratta dal film L'ESORCISTA

Immagine tratta dal film L'ESORCISTA

Immagine tratta dal film L'ESORCISTA

Immagine tratta dal film L'ESORCISTA
 

L'interesse che l'uomo ha sempre manifestato per il demoniaco ha fatto si che numerosi studiosi dedicassero a questo mistero gran parte della loro vita. Sono stati promossi convegni, pubblicato numeri monografici di riviste teologiche sull'argomento, scritto articoli su rotocalchi e giornali, dedicato trasmissioni televisive con interviste e dibattiti sulla questione. L'interesse per l'occulto ha spesso sovrastato le paure irrazionali dell'uomo portandolo a cercare di scoprire i suddetti misteri con pratiche come la magia, lo spiritismo, l'esoterismo ecc. in un disperato quanto discutibile tentativo di "esorcizzare" la paura innata che egli ha nei confronti del male, del dolore, della morte.

Tutti più o meno sappiamo che la possessione altro non è che l'aggressione da parte di forze demoniache a noi sconosciute a danno di un soggetto umano fino a renderlo del tutto inibito, e di conseguenza incapace di disporre delle proprie funzioni psichiche; e tutti più o meno conosciamo la pratica messa in atto dalla chiesa per far si che una persona sia protetta contro l'influenza del maligno o sottratta al suo dominio se posseduta.
Ora, se è vero che la letteratura mondiale ha da sempre apertamente parlato di possessioni maligne, fin dai testi sacri, descrivendo minuziosamente soggetti posseduti dal demonio o stregati da qualche perverso sortilegio, a far entrare definitivamente nell'immaginario collettivo di milioni di persone la figura dell'esorcista è stata senza ombra di dubbio l'omonima pellicola di William Friedkin, uno dei film horror più famosi di tutti i tempi.

La storia è di per sé agghiacciante e si muove tra i binari dell'horror e del fantastico, dove però è il realismo a fare più presa sullo spettatore risultando il vero punto di forza della pellicola.
Padre Merrin (Max Von Sydow) sta seguendo degli scavi archeologici a Ninive in Iraq, durante i lavori viene alla luce una medaglia con l'effigie di San Giuseppe insieme ad una statuetta raffigurante il demone Pazuzu, in una visione all' uomo gli appare il demone Assiro a grandezza naturale, la cosa lo lascia profondamente turbato; con un salto temporale la pellicola ci porta a Georgetown un quartiere di Washington e di padre Merrin per un po' non ne sapremo più nulla.
Qui troviamo un secondo sacerdote, Padre Karras (Jason Miller), psichiatra, animo inquieto, angosciato dai sensi di colpa per la morte in solitudine della madre, la sua strada si incrocerà presto con quella di un'attrice di cinema: Chris MacNeil (Ellen Burstyn) che è in città per lavoro, sta infatti girando un film sulle contestazioni studentesche; la produzione le ha assegnato una lussuosa casa dove la donna vive con dei domestici e sua figlia Regan (Linda Blair) e frequentata occasionalmente dal regista del film e da un altro giovane prete amico di padre Karras. È in questo momento di serena quotidianità, apparentemente normale, che la piccola Regan comincia a mostrare i primi preoccupanti segni di squilibrio: modifiche comportamentali, sdoppiamento della personalità ed un' incontrollata aggressività, Regan inizia a perdere i lumi della ragione, i lunghi ed invasivi esami clinici a cui viene sottoposta dai medici non portano a nulla, la giovane peggiora giorno dopo giorno, al punto che Chris, la mamma, si rivolge a Karras, il quale inizia a sospettare che si tratti di un caso di possessione; non potendo direttamente esercitare lui l'esorcismo si rivolge al vescovo. È a questo punto che rientra di nuovo in gioco il personaggio che avevamo lasciato all'inizio del film: padre Merrin.

Capire quali siano esattamente i motivi dell'incredibile successo de "L'Esorcista" è pressochè impossibile. Si possono formulare delle ipotesi in base alle reazioni della critica e del pubblico dopo la sua uscita; molti accusarono Friedkin di aver messo in scena, sotto metafora, la protesta giovanile per poi soffocarla come fa il prete esorcista con la piccola Regan, altri lo hanno tacciato di progressismo leggendovi una condanna alla società borghese rea di mancato impegno sociale e pertanto punita con una malattia misteriosa e distruttiva. Addentrandoci nelle menti più fertili vi è chi ha intravisto tendenze nazifasciste da parte del regista: il quadro che esce dall'ambiente familiare di Regan è quello di un contesto amorale (la mamma bestemmia continuamente), apparentemente lontano da Dio; sempre la mamma (separata) lavora come protagonista in un film modello rivoluzione sessantottina, insomma in casa si respira un' aria laica, femminista e di sinistra e per questo castigata con la possessione demoniaca.

Blasfemo, ai limiti della censura cattolica (la scena in cui Regan si masturba con il crocefisso ha creato non poco imbarazzo alla chiesa), il film è stato capace di creare anche un inquietante alone di mistero intorno a sé; durante le riprese ci sono stati una serie di incidenti non proprio comuni: numerose morti di persone legate al set, incendi inspiegabili, sparizioni, incidenti che hanno messo a rischio l'incolumità degli attori; tutto ha contribuito a far credere che l'intero set fosse stato colpito da una vera e propria maledizione.
Al di là delle connotazioni politiche (siamo negli anni '70) gran parte del successo si deve anche al connubio che si viene a trovare tra quello che è reale e ciò che è fantastico; ad una prima parte incentrata sul progredire della malattia di Regan e sul conseguente tentativo di curarla con le armi della medicina tradizionale, segue una seconda parte dove l'irrazionalità prende il sopravvento, i sintomi della giovane paziente iniziano a non essere più spiegabili in maniera naturale, nessun medico e nessun psichiatra può trovare una chiarificazione di fronte a fenomeni quali parlare una lingua che il soggetto per certo non può conoscere, spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero, ruotare la testa di 360 gradi, lievitare in aria, dimostrare forze superiori alla natura dell'età, vomitare abbondante liquido verde (che non è bile), cambiare i connotati.
Tutto questo ha innegabilmente contribuito a far si che "L'Esorcista" sia considerato tuttora uno dei film più paurosi di tutti i tempi, ma questo è vero soltanto in parte.

L'uomo ha da sempre convissuto con la paura dell'inconscio, tutto ciò che non è visibile, manifesto, ma si avverte in qualche modo (come ad esempio la sensazione di una presenza in una stanza buia) ci terrorizza, per qualche oscuro motivo l'essere umano associa quella presenza al male, allo stesso modo in cui associa al male tutto ciò che è diverso fisicamente da lui (ad esempio un essere mostruoso difficilmente fa pensare al bene). Il demonio noi non lo vediamo se non nelle vesti di Regan da lui posseduta, in qualche modo si è dovuto dar forma al male che altrimenti sarebbe rimasto invisibile, ed è qui che secondo me Friedkin ha calcato troppo la mano; l'esigenza di esasperare la condizione della giovane indemoniata con gli effetti speciali se da una parte ha giovato a favore di un'indiscutibile spettacolarizzazione della pellicola, dall'altra ha parzialmente anestetizzato la tensione che avverte solitamente lo spettatore quando i fenomeni paranormali si avvicinano il più possibile alla realtà, in altre parole la testa di Regan che ruota di 360 gradi più che terrorizzare fa sorridere, così come ci lascia perplessi la sua trasformazione in un improbabile mascherone o l'assurda lievitazione dal letto al soffitto.
Sia chiaro, stiamo parlando comunque di un film horror e come tale ha il compito di spaventare con ogni mezzo, il make-up della protagonista ne è una componente fondamentale al punto di aver creato nell'immaginario collettivo l'associazione della parola "esorcismo" a quel volto.

Incline, nelle sue opere, a rappresentare il confine che separa il bene dal male, il regista statunitense ha saputo comunque imprimere ai suoi film una notevole forza narrativa (ne è un esempio "Il braccio violento della legge", uscito soltanto un paio di anni prima e vincitore di cinque premi Oscar), indagando all'interno dell'animo umano e scovandone il lato più oscuro ed ambiguo allontanandosi sostanzialmente dalle convenzioni narrative molto in uso in quel periodo nel grande panorama Hollywoodiano.

La storia narrata non è un'invenzione di Friedkin. Tutto è cominciato nel lontano 15 gennaio 1949 quando un giovane studente del Maryland, John Hoffman, una sera in casa con i genitori e la nonna, sentì muovere, sotto i suoi piedi, le tavole di legno del pavimento; fu l'inizio di un incubo che durò diversi mesi. Il demonio si impossessò dell'anima del ragazzo che presto cominciò a dare segni di squilibrio mentale fin quando i genitori, seppur di religione protestante, chiesero aiuto ad un prete gesuita che praticò a John l'esorcismo.
Dopo inimmaginabili spasmi il giovane tornò ad essere il tranquillo ragazzo che era prima. L'inquietante storia giunse alle orecchie dello studente universitario William Peter Blatty che ne conservò il ricordo per vent'anni fino al giorno in cui ebbe l'ispirazione per scriverne un romanzo, nacque così "L'Esorcista", illustre protagonista della letteratura horror, in grado di vendere tredici milioni di copie. La Warner non perse occasione, acquistò i diritti per la realizzazione del film e, dopo il rifiuto di Kubrick, affidò la regia a Friedkin sia a seguito delle insistenze dello stesso autore del libro nonché dei cinque Oscar vinti in precedenza dal regista con "Il braccio violento della legge".

Al di là dei meriti di Friedkin, è necessario comunque sottolineare l'importanza che ha avuto William Peter Blatty nel concorrere all'enorme successo della pellicola. Non è un caso che uno dei due premi Oscar che riuscì a vincere nel 1974 "L'Esorcista" fu per la sceneggiatura (l'altro lo ottenne per il sonoro con la bellissima "Tubular bells" di Mike Oldfield), vero punto di forza del film, tra le più riuscite trasposizioni cinematografiche di un romanzo horror.
Blatty quindi, autore del romanzo e sceneggiatore del film, ha contribuito in modo determinante al successo del film.

Purtroppo non ci sono luci senza ombre e la storia della cinematografia mondiale ci insegna che sono stati pochi i capolavori, o quantomeno film che hanno riscosso un enorme successo, che non hanno dovuto poi fare i conti con un vero e proprio virus: il sequel; poteva sottrarsi a questo infausto destino "L'Esorcista"? neanche per sogno, bisognava cavalcare l'onda del successo, battere il ferro fin quando era caldo. Ma, come spesso accade, i vari: "La riscossa", "2", "Il ritorno", "La vendetta", oltre a non aggiungere nulla, spesso danneggiano la fama guadagnata con il film d'esordio, tanto da suggerirci di stendere un velo pietoso su "L' Esorcista 2: l'eretico" al pari di quanto ci vediamo costretti a stenderlo per "L' Esorcista 3" e "L'Esorcista: la genesi".
Un discorso a parte lo merita la versione integrale ridistribuita nel 2000 con ben 11 minuti (e - si sottolinea - undici ) inediti per la gioia degli appassionati delle rimasterizzazioni e del digitale, dei fanatici degli effetti speciali e naturalmente della produzione che con questa bella trovata commerciale ha incassato qualcosa come diverse centinaia di miliardi delle vecchie lire.

Molto belle le musiche pur nella loro brevità (la pellicola è praticamente priva di colonna sonora) puntuali nei momenti più inquietanti del film, dignitosa l'interpretazione degli attori con in testa l'attore feticcio di Ingmar Bergman: Max Von Sydow nel ruolo a lui congeniale dell'esorcista, Linda Blair pagò a caro prezzo il successo del suo personaggio non riuscendo più a trovare un ruolo dignitoso in nessun altro film, costretta addirittura ad interpretare di nuovo il ruolo di indemoniata nell'improbabile parodia "Riposseduta".

È alla luce di questo minestrone di "Sequel", "Versioni integrali", "Parodie" (si ricordi anche "L'Esorciccio") che, anche suo malgrado, il film ha perso del suo fascino primordiale; nove volte su dieci, infatti, la versione originale di una pellicola rimane la più bella, ed è per questo che i grandi capolavori sono unici, non hanno avuto, e si spera non avranno mai, inutili e patetici seguiti.

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Recensione a cura di Marco Iafrate - aggiornata al 26/03/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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