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Il passaggio dalla fase adolescenziale all'età matura, la presa di coscienza della durezza della vita, la sensazione di perdita della purezza (mentale e fisica), la paura di crescere e di assumersi responsabilità, gli amori e l'amicizia, la scoperta dell'eros, la consapevolezza dell'esistenza della sofferenza e della morte, il dialogo interiore con Dio.
Sono tutti argomenti che il cinema ha affrontato nel corso della sua ultracentenaria storia, con esiti spesso contraddittori. Anche Giacomo Campiotti è entrato a far parte della schiera di autori che si sono occupati di questi "pericolosi" materiali narrativi e cinematografici. Si, perché il più delle volte si rischia, maneggiando simili tematiche, di realizzare opere ovvie, banali e superficiali.
Nel caso di "Mai più come prima", il problema principale riguarda l'impostazione della sceneggiatura, scritta dal regista in collaborazione con Alexander Adabachian. La vicenda, oltre che prevedibile, è contraddistinta da un susseguirsi di eventi che culminano in un evento tragico, definitivo. Sembrerebbe la fine del film e invece parte una seconda (inutile) storia durante la quale i protagonisti "crescono", diventano adulti, si separano e si ritrovano senza però che tale processo comporti sconvolgimenti ed evoluzioni veramente importanti.
Il film di Campiotti non va dunque in profondità, non analizza con attenzione tutti i meccanismi psicologici che contraddistinguono una fase cruciale come è quella del passaggio dall'adolescenza al mondo degli adulti. Semplicemente vengono collocati in modo cronologico fatti, episodi ed esperienze. Tutto in maniera meccanica.
I giovanissimi attori cercano di dare il loro meglio, ma il risultato finale è decisamente poco interessante, e neanche le numerose partecipazioni, in piccolissimi ruoli, di volti più famosi contribuiscono a rendere un po' più appetibile un film ambizioso ma scialbo e molto noioso. Dal punto di vista registico, l'autore mette in campo tutta la sua abilità espressiva ma a parte alcune ottime inquadrature di tipo paesaggistico e naturalistico, nulla sembra emergere di veramente stimolante sotto il profilo visivo.
Mai più come prima si trascina così stancamente fino ad una conclusione consolatoria e patetica. Uno dei giovani, durante un viaggio in treno, rivede un video che era stato girato proprio durante la fatidica vacanza che avrebbe cambiato la sua vita e quella dei suoi amici. Una chiusura caratterizzata da scarsa fantasia che lascia nello spettatore la sensazione di aver assistito alla proiezione di un lungometraggio totalmente irrisolto.
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Recensione a cura di Antonio Merola - aggiornata al 07/12/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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