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Questo film è un grande omaggio alla tradizione teatrale e al melodramma, ai quali si ispira in tutti i suoi aspetti.
La trama, ad esempio, è un misto tra "Bohème" e "Dama delle Camelie"; il genere è il musical, figlio moderno dell'avanspettacolo e della rivista; la messa in scena è fatta tutta in interni con straordinarie scenografie simili alle quinte di una rappresentazione teatrale.
Fin dai primi fotogrammi c'è un direttore d'orchestra che, dopo aver fatto accordare gli strumenti ai suoi musicisti, dà il via allo spettacolo, il sipario si alza e ci troviamo catapultati nella Parigi di fine ottocento, dove ha luogo la storia d'amore tra Cristian, scrittore squattrinato e Satine, ambita cortigiana.
Come nella tradizione operistica i due si amano di un amore intralciato dalla gelosia, dal rivale potente e crudele, dalla tisi (malattia che ha falciato una generazione di eroine romantiche).
Ma è il teatro, come dicevo, il grande protagonista.
Satine sogna di "volare via" dalla sua vita di cortigiana per diventare una grande attrice come Sara Bernard. Ziedler, il suo protettore, mette in gioco tutto pur di trasformare il "Moulin Rouge" da bordello in teatro.
La rappresentazione che metteranno in scena, lo "Spettacolo Spettacolare", sarà il fine ultimo e supremo per ogni personaggio fatta forse eccezione per Cristian -l'ideatore- che si ritroverà, ad un certo punto, ad esserne prima prigioniero e poi escluso. Cristian cercherà di opporsi alla logica de "lo spettacolo deve continuare", ma lo spettacolo non potrà essere fermato in nessun modo. Cristian sarà picchiato e cacciato, e potrà ricongiungersi alla donna amata solo tornando dentro la messa in scena. Il loro dialogo chiarificatore avverrà attraverso le battute -o meglio la canzone (è pur sempre un musical!)- che avrebbero dovuto pronunciare i loro personaggi, sulla scena, di fronte al pubblico.
Secondo me il numero in cui Buz Luhrmann rende chiara questa sua grande dichiarazione d'amore al teatro è quello di "The Show must go on", cantato dalla Kidman tra sarte, attrezzisti e quinte, a mostrare un mondo invisibile ma necessario, silenzioso ma vivo (e spesso sofferente). Anche qui traspare un bel riferimento all'opera ( "I Pagliacci").
Per il resto, il film scorre grazie ad un montaggio ed una regia studiati nel più piccolo dettaglio, tra l'opulenza di costumi, scene e coreografie. La musica riadatta i più grandi successi rock degli ultimi anni; particolarmente azzeccati "Your Song" di Elton John stile musical anni '50 e "Roxanne" dei Police stile tango. Meno belli (a mio avviso) "Like a Virgin" e certi medley tirati un po' per le lunghe, ma nel complesso anche il lavoro sulle musiche è stato notevole.
Altra grande protagonista del film, meno evidente, è l'elettricità. Il Moulin Rouge è uno sfavillare di lampadine colorate, di luci e lucine abbaglianti (che nascondono una realtà non sempre felice). Ci accorgiamo bene di questo pensando alle scene d'apertura che si svolgono quando ormai tutto è concluso e vediamo un locale spento e buio, il fantasma di quello di un tempo. Nel montaggio originale questo particolare doveva risaltare di più, in quanto si faceva menzione al desiderio di Zidler di trasformare il locale in un teatro proprio per coprire i debiti causati dalla smisurata illuminazione elettrica.
Ecco che cos'è questo film: uno sfavillare di trucchi e colori esagerato, kitsch e un po' banale se vogliamo, ma anche intenso, malinconico e travolgente. Come un clown che si toglie il cerone a fine serata.
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Recensione a cura di barbara - aggiornata al 06/02/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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