Recensione orgoglio e pregiudizio regia di Joe Wright Gran Bretagna 2005
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Recensione orgoglio e pregiudizio (2005)

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locandina del film ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

Immagine tratta dal film ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

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"Orgoglio e pregiudizio" (titolo originale Pride and Prejudice) è di sicuro il romanzo più conosciuto dell'opera omnia di Jane Austen, scrittrice inglese dell'Ottocento ultimamente abbastanza in auge sugli schermi (si ricordano negli ultimi dieci anni: "Ragione e Sentimento" con Hugh Grant e Emma Thompson e "Emma" con Gwyneth Paltrow).
I cultori del genere ricorderanno certamente l'adattamento BBC per il piccolo schermo con un non ancora celebre Colin Firth nel ruolo del protagonista e la versione bollywoodiana, pacchiana, ma vivace, uscita lo scorso Natale, mentre l'ultima versione cinematografica antecedente risale a tempi assai lontani, che conta su uno stuolo di interessanti caratteristi e come protagonisti principali ha Lawrence Olivier e la brava ma non più giovanissima Greer Garson.
La versione 2006 è affidata a un onesto artigiano, Joe Wright, regista con al suo attivo molti adattamenti televisivi mentre tra gli interpreti ci sono la giovane Keira Knightley ("Sognando Beckham", "La maledizione della prima luna"), Donald Sutherland, Brenda Blethyn ("L'erba di Grace", "Segreti e bugie") e, in un cameo, la celebrata Judy Dench.
Il regista sceglie di iniziare il film "entrando" nelle varie stanze di casa Bennet che si aprono una ad una allo spettatore e affida allo splendido paesaggio della campagna inglese, nonché alle maestose magioni, il ruolo di coprotagonisti.
L'azione è spostata dal primo Ottocento (epoca di pubblicazione del romanzo) alla fine del diciottesimo secolo, in piena epoca neoclassica, come attestano le statue ammirate dalla protagonista. Il regista attinge a piene mani nella storia dell'arte facendo atteggiare i suoi attori a guisa di soggetti di quadri del periodo preromantico, mentre molte scene ricordano le opere di alcuni tra i maggiori paesaggisti inglesi.

L'aver privilegiato l'immagine, la fotografia, alla parola e alla recitazione è (se vogliamo considerare positivamente la scelta del regista) la "forza" su cui punta il film. Lo spettatore rimane incantato dal verde dei prati, dalla forza della natura ma anche dal contrasto rappresentato dal buio delle stanze nelle ore serali, attenuato dalla fievole luce delle candele.
Questa oscurità pervade tutto il film e lo rende malinconico così come tutti i suoi protagonisti. Per chi ha visto la prima riduzione del romanzo della Austen sul grande schermo, fare un paragone nasce spontaneo: nel primo film l'ironia tipica della scrittrice inglese si tocca letteralmente con mano e gli interpreti, sia con la loro sola mimica, sia con la loro recitazione, riescono a rendere perfettamente il senso della storia; nella pellicola di Wright invece l'ironia manca completamente.
Mr Bennet, padre "schiacciato" dall'esuberanza delle cinque figlie e dalla prepotenza della consorte, nella nuova edizione del film appare come un personaggio minore, incolore e a tratti persino cattivo. Donald Sutherland è in sordina, non riesce a dare a papà Bennet la comunicativa del simpatico marito e padre rassegnato a farsi "dominare" dal suo piccolo plotone di donne mentre invece mrs Bennet (Brenda Blethyn), pur occupando molto la scena, non ha la stoffa della madre petulante, tutta presa dalla vitale necessità di accasare le sue figlie (il matrimonio all'epoca del romanzo era l'unica possibilità per una donna di garantirsi un futuro) per sembrare piuttosto una nevrastenica tutto sommato poco partecipe dei casi propri e delle sue "creature".

La stessa protagonista principale, dal look sbarazzino e giovanilistico, anche se ha praticamente tutte le sequenze per sé, non ha il mordente, l'anticonformismo intelligente di Lizzie Bennet e a tratti appare come una ragazzina viziata e prepotente, così come le vivaci schermaglie delle sorelle adolescenti ben recitate nell'antica versione del romanzo si trasformano in chiasso incomprensibile.
Decisamente sottotono il protagonista maschile Matthew Mac Fayden, capace di trasformare il Darcy supponente ma tenebroso della Austen, interpretato con la giusta dose da Olivier a suo tempo, in un personaggio impacciato e inespressivo, relegato a far da spalla alla Knightley.
Le tematiche affrontate dalla scrittrice con ironia, vale a dire, l'importanza sociale del matrimonio, le differenze tra classi, la ribellione di Lizzie e i suoi pregiudizi vengono messi completamente in ombra per privilegiare invece la storia d'amore in costume con il suo contorno di balli e bei vestiti.
Peccato perché le occasioni sprecate sono davvero tante in questa pellicola. In conclusione, un avvertimento: gli esperti della letteratura inglese non si aspettino di ritrovare lo spirito di Jane Austen nella versione cinematografica di Wright, vale comunque la pena di vedere questo film, se non altro per passare un paio d'ore immersi in un'epoca quasi sconosciuta ai più.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/03/2006

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