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Sono costretto ad ammettere la mia proverbiale intolleranza, ma non posso esimermi dal relegare il nome di Zanussi al suo smodato e notorio cattolicesimo, lo stesso che lo porta ad assolvere il "Gesù" di Zeffirelli ed a recriminare contro Mel Gibson (la terza via..., scelta spirituale a parte, sarebbe chiedersi quale dei due film meriterebbe per primo il rogo).
Autore di un retorico film televisivo sulla figura di papa Woytila ("Da un Paese Lontano", vent'anni or sono e oltre), nemico giurato del radicalismo osservante e conformista nel denunciare nel Comunismo la radice di tutti i mali, e nelle ragioni dello spirito (per quanto imperialiste e sociopolitiche come quelle di oggi) l'assoluta Salvezza del corpo e della mente.
Per questa ragione anche il suo cinema ne risente: statico, ingessato, sobrio anche nei momenti che reclamerebbero un po' più di "larva", non riesce a soffocare quel sentore sacrestano del pensiero dell'autore.
Però, qualche volta, occorre separare la ragione (o il modo personale e vagamente superbo di riscrivere la storia) da un film.
Per quanto qui ritroviamo, nei panni dell'amico, e forse rivale del protagonista, un'altro acerrimo fustigatore delle licenze Marxiste - qualcosa che non ha ancora una definizione come "antistalinismo" anziché il rifiuto in toto dell'Ideologia - "Persona non grata" è un film assai interessante.
La figura di Wiktor, in bilico tra un presente disilluso e una precaria ma forte desistenza da un passato, ha certamente più punti in contatto con "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera che con i personaggi evocati tra reportage e soggettiva dell'affresco doppio di Wajda, "L'uomo di marmo/l'uomo di ferro".
Non è esclusivamente il rapporto perenne dell'uomo con la sua solitudine, ma con tutto ciò che lo porta ad estraniarsi, e a confondersi tra vari topoi di modello (il segretario impiccione e vagamente viscido, il cinico Primo Ministro al potere, l'amico che forse ha avuto una relazione con la moglie, il Russo in trasferta) atto a celebrare o affondare, a seconda degli schemi, i suoi antichi idealismi.
Sterile nell'incapacità di verifica storica (il solito inganno del ruolo assoluto di papa Wojtila nella lotta al comunismo) o sociologica (la figura solenne e astratta insieme di Solidarnosc), il film è in realtà una meditazione sul conflitto generazionale del potere, e sulla flessibilità kafkiana della mente nel suo manifesto sentore (minaccia) di purezza, di morale. La straordinaria interpretazione di Zapasiewicz - volto dalla fisionomia impressionante - con quella dell'ultimo Vittorio De Sica, conferisce al personaggio un'adesione perfetta al suo imbelle ostracismo alle logiche di potere.
Quello che esce in "Persona non grata" è soprattutto l'Uomo mentre si affanna a divergere e allontanare affetti veri o presunti mentre altrove (emblemi di un dissidio e amore recente, ed eterno) i legami affettivi familiari si sfaldano in un improvviso lutto. Lo stesso sordo congedo dell'amato cane ha il sapore di una resa incontrollata al divario costante delle emozioni rispetto all'immagine che l'ambasciatore Wiktor porta con se'.
Il film costituisce pertanto un atto di coraggio, certo imperfetto e inutilmente tendenzioso, sullo scherno di un ruolo sociale che quando si affida soltanto all'inadeguatezza umana, rivela tutta la sua beffarda fragilità.
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Recensione a cura di kowalsky - aggiornata al 20/10/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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